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Luis Enrique, la sua piccola Xana e la lezione della notte di Monaco senza retorica

Le parole del tecnico del Psg per la sua piccola più amata, portata via a 9 anni dalla malattia nel 2019

Ci sono lezioni e lezioni, nella notte forte di Monaco. Certo fa storia quella inflitta dal Parigi all’Inter, ma poi c’è quella che l’allenatore in trionfo diffonde attraverso gli schermi di mezzo mondo. Luis Enrique ha il volto tirato dallo stress, dall’emozione e magari anche dai chilometri che consuma in bicicletta: eppure ai microfoni pronuncia parole che strizzano l’anima. La sua maglietta indica già di chi parlerà, a chi dedicherà questa notte stellata, a chi manderà i pensieri più alti e più teneri. Un pensiero solo e sempre per Xana, la sua piccola più amata, portata via a 9 anni dalla malattia, nel 2019. Nei giorni più cupi s’erano fatti una promessa, guardandosi negli occhi come può succedere solo tra un padre angosciato da perderci il sonno e una bambina così malata: prima o poi, assieme avrebbero piantato di nuovo nel prato la bandiera del Barcellona che nel 2015 avevano conficcato nel terreno di Berlino, dopo la conquista della Coppa contro la Juve. In qualche modo, in un altro modo, sul piano intangibile dello spirito, la promessa è mantenuta. Insieme.

Il resto è la breve intervista, asciutta e forte, la dignità scolpita da un Michelangelo: «Xana è sempre con me, se vinciamo o se perdiamo, non cambia niente, sono felice di averla vissuta. Lei è andata via con il corpo, ma il suo spirito è sempre con me. Non ho bisogno di vincere una partita o la Champions, io la sento comunque, e nulla cambia a livello di sentimenti». 

Ci sono mamme che piangono, c’è la conduttrice in stato interessante che proprio non ce la fa e viene affettuosamente sostituita da Cambiasso, ci sono anche duri e palestrati che faticano a trattenere la parte molle (la migliore?) dentro la corazza. C’è un mondo a ciglio umido, senza bisogno di finzioni e di forzature: è irresistibile la pura corrente dei sentimenti migliori. 

Il tecnico conclude, senza tradire supplementi di emozione retorica, suonando il semplice spartito della vita, del suo bello più bello come può essere una Champions, del suo atroce più atroce com’è la tua creatura portata via a quel modo dalla malattia spietata: «Voglio ricordarmi tutto quello che di buono Xana ha portato nella mia vita. Non sarà certo un successo in Coppa che me la farà sentire più vicina... E’ vero anzi che nelle sconfitte la sento anche di più. Ma vi dico che la sento sempre, non cambia niente... Nella vita si nasce e si muore. Tutto il resto si vede». 

Nella notte sconvolgente del calcio europeo, dove ogni pallone assume l’importanza bugiarda della questione di vita o di morte, Luis Enrique riporta tutte le cose al loro posto, aiutando chi vince e chi perde allo stesso modo, con una via d’uscita molto semplice: non farne mai una questione di vita o di morte, perchè vita e morte già sanno rivelarsi benissimo da sole, nei modi più assurdi e insondabili, senza bisogno dei nostri stupidi castelli di sabbia. 

Una vittoria per Xana, si titola in tutto il mondo. Piccola, ovunque tu sia, guarda che papà hai lasciato qui, il papà che tutte le bimbe vorrebbero avere, il papà che tutti vorremmo essere. In una notte così, sei sempre il suo primo e il suo ultimo pensiero. Piccola, stringilo forte, perchè più di te ne ha bisogno. Tutti i giorni una carezza, che la senta forte e dolcissima.  

Noi, ascoltandolo negli attimi della sua vittoria più grande, possiamo solo pensare che almeno un pezzo di questa vittoria stia proprio nelle sue parole. Nel loro significato profondo. E’ uno dei momenti in cui giganteggia con tutta la sua forza d’animo e tutta la sua fragilità spirituale l’essere più strambo del creato, capace di bassezze meschine e di slanci divini, quell’essere che il tuo papà, Luis Enrique campione d’Europa, rappresenta e nobilita con parole indimenticabili: il padre

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