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La qualità sta con Simone

Inter via Getty Images

Leggi il commento sulla semifinale di Coppa Italia tra Inter e Juve

Niente da fare, questo non è proprio l’anno della Juve. Dopo la Champions League e lo scudetto, salutati con largo anticipo, i bianconeri sono usciti anche dalla Coppa Italia, eliminati dall’Inter, detentrice del trofeo e finalista per la seconda stagione consecutiva come nel biennio 2009-2011, nonché per la prima volta capace di eliminare i bianconeri in semifinale dopo cinque tentativi andati a vuoto. Inzaghi, che di Coppe e Supercoppe tricolori è specialista assoluto, avendo vinto sei finali su sette, ha apposto un altro sigillo di qualità sulla sua stagione. E meno male che da settembre, a partite alterne, sputando sentenze intrise di superficiale faciloneria, c’era chi sosteneva non fosse adatto a guidare la Beneamata, alla cui guida ha vinto una Coppa Italia, due Supercoppe di Lega la seconda delle quali soltanto tre mesi fa e, dopo tredici anni, ha riportato l’Inter in semifinale di Champions.  

Otto giorni dopo la rissa di Torino, la partita è scivolata via in un apprezzato clima di correttezza generale. Non è stata bella, ma, almeno, non è stata bulla. Lukaku è subentrato dopo un’ora, dando il cambio a Dzeko, la cui sagacia tattica ancora una volta si è rivelata preziosa negli equilibri offensivi interisti. E tuttavia è stato il terzino Federico Dimarco, nerazzurro sino al midollo, ad apporre la sua firma in calce alla qualificazione, premio meritato al giocatore protagonista di una brillante stagione. 

Allegri e la frase a Inzaghi prima di Inter-Juve: è una "gufata"

Questa non è la Juve

La Juve si è battuta, certo, ma l’orgoglio non è bastato a una squadra che non riesce a cancellare il suo peccato originale: la scarsa qualità del gioco, indipendentemente dagli interpreti. Lo si è capito sin dal primo tempo, quando la formazione di Allegri ha pagato dazio all’assenza di una punta centrale di ruolo: Chiesa ha cercato di sopperirvi con generosità pari all’inconcludenza, complice il latitante Di Maria. Tant’è vero che la prima e unica conclusione bianconera è arrivata da lontano, dopo ben 34 minuti, su iniziativa di Kostic e plastica replica di Onana in angolo. L’Inter, invece, si è rivelata subito baldanzosa, scaldando i muscoli con la palla gol che né Lautaro né Dzeko hanno sfruttato. Erano trascorsi soltanto tre minuti dal calcio d’inizio. Ne sono passati altri dodici e Dimarco, tenuto in gioco da Kostic, ha colpito su assist di Barella formato campionato europeo 2021. 

Proprio il centrocampo imperniato sull’ex cagliaritano, Mkhitaryan e Calhanoglu ha menato le danze, forte di sincronismi sconosciuti a Miretti, Locatelli e Rabiot. E così, all’inizio del secondo tempo, Allegri ha fatto retromarcia: fuori Kostic e dentro Milik, inopinatamente escluso dalla formazione iniziale. Più tardi è toccato a Paredes rimpiazzare Locatelli, però in mezzo al campo la musica non è cambiata nemmeno quando è entrato Pogba che poco poteva fare, essendo palesemente fuori condizione. Se non ci fosse stata un’altra, grande parata di Perin su Mkhitaryan, l’Inter avrebbe raddoppiato a meno di venti minuti dalla fine. Il portiere ha tenuto a galla la Juve, epperò non è bastato per riequilibrare il risultato. L’Inter ha regolato i conti in scioltezza, permettendo a Inzaghi di operare i cambi che voleva per ottimizzare gli sforzi, come richiede un calendario senza respiro. Rimane tale anche per la Juve, alla quale resta l’Europa League per andare in Champions senza passare dalla fine di un campionato su cui pende l’invisibile spada di Damocle della giustizia sportiva. Ma, qualunque cosa accadrà fuori dal campo, questa non è, non può essere la Juve. 

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