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Calciomercato, Ibrahimovic chiude al Milan

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In un'intervista a GQ prima fa sperare («Io di nuovo in Italia? Non si sa mai...»), poi però spiega: «Non si torna mai dove si è fatta la storia»

MILANO - Zlatan Ibrahimovic chiude a un ritorno al Milan durante il corso di un'intervista con GQ in edicola il 14 giugno. «Dico due cose, forse contraddittorie. La prima - ha spiegato Zlatan - è che non si sa mai. La seconda è che non si torna mai dove si è fatta la storia. Considero l'Italia la mia seconda casa e il calcio italiano il più bello del mondo: c'è una passione infinita, calda, totale. Qualcosa che assomiglia al mio modo di intendere lo sport. E forse anche la vita».

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LA CARRIERA - Intervistato da Walter Veltroni lo svedese ha parlato di sé a 360 gradi. «Io non accetto di perdere, non lo accetto proprio. L'ho imparato dalla vita. Per me contano la grinta e l'aggressività, la determinazione e la concentrazione sui propri obiettivi. Io ho la missione di vincere». Il mensile, che si presenta in edicola con 3 copertine (oltre a Ibra, una è dedicata a Bianca Balti, la più celebre modella italiana che davanti all'obiettivo di Vincent Peters si mostra come mai prima d'ora, e l'altra a Luca Marinelli, il nuovo talento del cinema italiano), ha svelato anche i rapporti di Zlatan con i suoi tecnici: «Mi sono lasciato male solo con Guardiola. Con gli altri ho discusso, anche litigato, come è normale, ma su cose di campo. Sono rimasto amico con tutti». Con uno in particolare, Fabio Capello: «Una volta ebbi un litigio, anche fisico, con Zebina, un mio compagno di squadra. Io lo colpii. Mi aspettavo un urlo di rimprovero. Invece Capello se ne rimase in silenzio e poi disse che quel gesto aveva fatto bene alla squadra. Lui voleva sempre il massimo di tensione e di adrenalina: perfetto per me».

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RAZZISMO E TERRORISMO - Veltroni ha chiesto a Ibra anche di altri temi, dal razzismo («In Italia mi venivano gridate le solite cose orrende che vengono rivolte a chi viene considerato altro da sé») al terrorismo («Non ero a Parigi la sera del Bataclan, ma penso che chi fa quelle cose ha il vuoto nella testa. Il mio modello è Peace and Love, sempre»), passando per la famiglia e il passato: «Quello che faccio non è per i soldi. A casa mancavano sempre, e spesso il frigorifero era vuoto. Oggi che ho tutto, voglio vedere se sono ancora capace di vincere. Smetterò quando non mi divertirò più. Ma non è oggi. Ho ancora voglia di imparare e credo che Totti sia nella stessa condizione. Mio papà ancora oggi mi segue, sempre silenzioso e presente. Mia mamma, invece, non vuole smettere di lavorare. Continua a pulire le scale dei locali pubblici. “Altrimenti mi annoio”, mi ha detto. E penso abbia ragione».

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