È una professione di fede, un appuntamento con la storia, un evento unico come il romanzo della Lazio ha spesso raccontato, disegnando circostanze irripetibili. Baroni ci crede e lo ha trasmesso ai suoi giocatori, nessuno escluso all’interno dello spogliatoio di Formello. Sono pronti a saltare addosso ai norvegesi, ribaltando il risultato. Ci credono i cinquantamila dell’Olimpico, mai così pieno per una partita di Europa League. Servono due gol (senza subirne) per portarla ai supplementari, tre di scarto per superare i quarti e continuare a sognare la finale di Bilbao, in calendario il 21 maggio. Non è facile, neppure è impossibile. Non si gioca al Polo Nord, il campo è in erba e non sintetico, il Bodø Glimt non vale il Bayern Monaco.
Un'attesa lunga 22 anni
Certo servirà un capolavoro, un’impresa mai realizzata, perché nella storia europea della Lazio non esistono rimonte significative e per la prima volta, sotto la gestione Lotito, squadra e dirigenza centrerebbero la semifinale. L’ultima risale al 2003, si trattava della vecchia Coppa Uefa, Mancini si arrese al Porto di Mourinho senza riuscire a sbloccare il risultato dopo la pesante sconfitta (1-4) nella partita di andata. Claudio Lopez fallì il rigore che forse avrebbe fatto crollare gli argini, schiodando lo 0-0. Longo, al prezzo simbolico di un euro, riempì l’Olimpico con 70 mila spettatori. Stasera ci voleva il sold out, i prezzi sono contenuti, forse Lotito avrebbe potuto concedere ulteriori sconti, ma il popolo della Lazio ha risposto. Sono previsti 52-53.000 spettatori, curve esaurite, resta disponibilità in Tevere Top e Monte Mario. Di sicuro l’attesa è superiore rispetto al derby, i cui rimpianti sono evaporati in fretta. I tifosi, non solo Baroni, un minuto dopo l’1-1 contro la Roma pensavano ai “salmonari”, come li definì Di Canio all’epoca del crollo in Norvegia (1-6). Era la prima fase, Mourinho li ritrovò nei quarti di Conference e li schiantò (4-0) all’Olimpico dopo il ko di misura (1-2) a Bodø. Nelle successive trasferte europee, in tre anni, i norvegesi non sono più crollati. Meglio non snobbarli e sapere che godono di un bel vantaggio, altrimenti Opta non avrebbe segnalato la difficoltà dell’impresa: nel 94% dei casi, in una fase a eliminazione diretta di Europa League, chi ha vinto con due gol di scarto all’andata è riuscito a passare il turno.
Lo spiraglio
La Lazio ci può credere perché le parate di Mandas hanno impedito al Bodø di chiudere il conto in anticipo. Un segnale del destino. Baroni, dopo la sosta, è ripartito forte. Progressi con il Toro, bene con Atalanta e Roma. La Lazio meritava di vincere il derby, sta bene fisicamente, può contrastare i norvegesi, velocissimi e con la freschezza tipica di inizio stagione. Attenzione e cinismo sotto porta. Regola numero uno: non concedere il contropiede e interrompere possibili ripartenze. Andare subito sotto manderebbe all’aria il piano tattico, per segnarne due ci sono 90 minuti. Peseranno Taty e l’esperienza di Pedro. Zaccagni e Isaksen possono fare la differenza. Questa volta, senza perdere equilibrio, toccherà a Guendouzi e Rovella tentare la sortita. Il tiro da fuori può aiutare a mettere sotto pressione Haikin, il portiere russo. Si consigliano nervi saldi, lucidità, zero proteste. Arbitra Siebert e di solito ai fischietti tedeschi manca elasticità mentale. Meglio non indisporlo.