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Un gioco da Maestri: ritratti dei geni della panca

Da Sacchi a Guardiola passando per Mourinho, Ancelotti e gli altri grandi tecnici della storia: su 'Il Cuoio' un meraviglioso affresco di calcio

Questo speciale de 'Il Cuoio' (in edicola oggi, 29 luglio, con il Corriere dello Sport-Stadio) scende in campo parlando il verbo degli allenatori rivoluzionari. Figure carismatiche, personaggi fuori dall’ordinario, interpreti straordinari di un ruolo molto spesso scomodo. Visionari alla Pep Guardiola: «Non abbiamo un centravanti, perché il nostro centravanti è lo spazio». Intriganti come Johan Cruyff: «Giocare a calcio è semplice, ma giocare un calcio semplice è la cosa più difficile che ci sia». Risoluti stile Carlo Ancelotti: «Un allenatore perde solo tempo a pensare al suo esonero: deve pensare solo a fare il suo lavoro». Sarcastici alla maniera di Jurgen Klopp: «Dato che siamo qui, sarebbe il caso di provare a giocare a calcio».

Giganti alla Mourinho: «Posso lavorare di più. Quello che invece non posso fare sono i miracoli: io non sono Merlino o Harry Potter». Fini umoristi tipo Niels Liedholm: «Il possesso di palla è fondamentale: se tieni il pallone per 90 minuti, sei sicuro che l’avversario non segnerà mai un gol». Irreprensibili alla Colonnello Lobanowsky: «La tattica è più importante dei giocatori. In campo le sole improvvisazioni che ammetto sono quelle che possono creare problemi agli avversari». Afflitti da dubbi amletici tipo Arrigo Sacchi: «Un allenatore cambia molto o perché è scemo o perché è insoddisfatto». Innovatori come Rinus Michels: «La differenza tra un ottimo giocatore e un campione sta nella capacità del secondo di essere unico». A volte stizziti modello Gigi Radice: «Se una volta un ragazzino sgarrava, interveniva un anziano: ohi sbarbato, adesso ne richiami uno perché ne vuoi il bene e sei solo un rompiscatole».

Cultori del fosforo alla Roberto Mancini: «Il calcio è fatto di cervello, non solo di tecnica o qualità». Tormentati alla Marcelo Bielsa: «La gioia di una vittoria dura cinque minuti, la partita finisce e c’è un senso di effervescenza, una sensazione di adrenalina al massimo che genera eccitazione e felicità. Ma sono solo cinque minuti, e dopo c’è un enorme e grandissimo vuoto. È una solitudine indescrivibile». Filosofi della pedata modello Giovanni Trapattoni: «Il pallone è una bella cosa, ma non va dimenticata una cosa: che è gonfio d’aria». Tutori del ruolo alla Marcello Lippi: «Un gruppo dei migliori giocatori non fa necessariamente la migliore squadra».

Uomini davanti all’attimo fuggente tipo Tommaso Maestrelli: «È un anno che penso a questo giorno e adesso mi sfugge così via, senza un attimo di tregua». In slalom tra i timori nella versione di Sven Goran Eriksson: «La più grande barriera al successo è la paura di fallire» o modello Helenio Herrera: «Se hai paura di fare una cosa, pensa che sicuramente un idiota la farà al posto tuo». O infine inarrivabili leggende come il paron Nereo Rocco: «L’allenatore xè el mona che fa andare d’accordo venti milionari». Grandi ritratti per un meraviglioso affresco di calcio. Buona lettura.

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