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Italia, cosa ha detto Spalletti nello spogliatoio di Skopje: il retroscena

Nella pancia dello stadio il neo ct ha motivato i suoi: non vuole alibi. A Milanello lunga riunione tattica

INVIATO A SKOPJE - Uno sguardo diverso. Mancini era il visionario, cercava la pepita del talento come Indiana Jones, si era messo in testa di inventare giocatori o accelerarne il percorso di crescita, sbuffava nell’eterno contrasto azzurro tra risultato e rinnovamento. Spalletti ha sposato il teorema contrario, invitando l’Italia a crederci: coraggio e faccia tosta, siamo forti, il ruolo di riferimento nel calcio europeo ci appartiene e possiamo riprendercelo in fretta. Le qualità ci sono, le risorse disponibili bastano per allestire una Nazionale competitiva. Lo pensa e lo dice. La platea ristretta dei convocabili e il campionato di Serie A popolato dagli stranieri non lo spaventano. Convinzione assoluta, radicata. Uno scatto di mentalità nell’immediato, forse anche l’unico possibile, entrando in corsa, senza rodaggio e amichevoli, con l’ansia di non fallire la qualificazione all’Europeo 2024. Quei concetti li ha ripetuti come un martello all’interno dello spogliatoio e anche fuori, a notte fonda nella pancia dello stadio di Skopje, dopo l’esordio pieno di rimpianti. Una terapia d’urto per rivitalizzare gli azzurri e portarli oltre l’ostacolo dell’Ucraina, quasi uno spareggio per il secondo posto: se non vinciamo domani sera a San Siro, si mette male.

L'analisi della partita dell'Italia

Certe partite, anche soffrendo, si portano a casa. Il gol di Bardhi ci inchioda alla logica del girone, tuttora in bilico: l’Italia ha bisogno di sventare il rischio play off e di guardare avanti con fiducia, senza deprimersi. Non tutto è da buttare, come il ct ha spiegato al gruppo, perché qualcosa si è visto e andava riconosciuto. Una lunga riunione tattica e di analisi ha di fatto aperto il ritiro di Milanello in tarda mattinata. Gli azzurri hanno speso tanto su un campo impossibile. L’ordine tattico, l’applicazione di certi movimenti provati a Coverciano durante la settimana e la disponibilità del gruppo hanno convinto Lucio. Altri aspetti tecnici meno: l’incapacità, durante il secondo tempo, di ricompattare il “blocco-squadra” in fase di non possesso ha permesso alla Macedonia di aggredirci sul piano fisico, con palla lunga, creando le situazioni che alla fi ne hanno portato al pareggio. Un difetto: l’imprecisione nel trovare le linee di passaggio, l’idea o l’imbucata che avrebbero permesso agli azzurri di “fare male” ai padroni di casa, chiudendo i conti. È mancato l’assist. Spalletti forse ha preferito non approfondire, il campo indecente di Skopje è un’attenuante, ma non esaurisce l’argomento. Questione di estro, di fantasia, di qualità. Si parla di ricchezza del centrocampo, ma il calcio italiano ha clonato negli ultimi anni un solo tipo di giocatore: il cursore da inserimento. Si parla del regista, ma in primis ci manca una mezzala che sappia rifinire e ispirare gli attaccanti. Un numero 8 tendente al 10 e funzionale al 4-3-3. Lorenzo Pellegrini, l’unico con determinate caratteristiche, è condizionato dai frequenti stop. Miretti è un futuribile, deve ancora conquistare la Juve. Così restiamo legati al rendimento degli esterni. L’Italia dell’Europeo si era esaltata grazie a Insigne, Chiesa, Berardi, Bernardeschi, più Spinazzola, scheggia impazzita, al top nell’estate 2021. Altri tempi. Spalletti in Macedonia si è presentato senza Chiesa (ko nella rifinitura), ha cominciato con Politano e Zaccagni, di fatto un debuttante. Ha proseguito con Zaniolo, ormai attaccante naturale e poco propenso ai rientri, e Gnonto. Qualcosa di meglio, non a caso, si è visto con l’ingresso di Raspadori a ridosso di Immobile. La variante offensiva del 4-2-3-1 è un tema di cui Spalletti aveva parlato a Coverciano, vedremo se e in che misura entrerà subito nei suoi pensieri.

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