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Paga solo Spalletti, via Gravina? Certo ma dov'è finito il 98,7% che l'ha votato?

Autocritica e dignità del ct ancora per un giorno, licenziato prima della Moldova dal presidente che non vuole mollare, nonostante il crac della corsa al mondiale in Qatar nel 2023  e dell'Europeo 2024. Abete e Prandelli in Brasile fecero l'opposto. Ora conta solo qualificarsi, sperando in Ranieri.  Poi tutto il Sistema sarà da rifondare

Dopo la vergognosa umiliazione di Oslo, che Spalletti non potesse continuare a guidare la Nazionale era assodato. Semmai, per evitare un naturale contraccolpo psicologico sul selezionatore, Gravina poteva "sollevarlo dall'incarico" dopo la partita con la Moldavia e non il giorno prima. Invece, in queste ore che separano l'Italia da una partita che deve essere vinta a tutti i costi, si parlerà moltissimo della panchina rovesciata e pochissimo dell'avversaria, n.134 del ranking mondiale. In attesa di misurare quale sarà la reazione degli azzurri sul campo, si impongono alcune considerazioni a caldo.

Italia, i cinque punti su cui riflettere

1) Nonostante lo screzio finale che, fra le lacrime, l'ha indotto a interrompere bruscamente la conferenza stampa, sono apprezzabili la dignità e l'autocritica dell'ancora ct per un giorno. Spalletti le ha manifestate nel momento più amaro della carriera di un eccellente allenatore, purtroppo tale non è riuscito a confermarsi nelle vesti di selezionatore.

2) Fra i passaggi più significativi dell'autoesame del signore di Certaldo, condotto a voce bassa, intrisa di cocente delusione, l'ultimo appello alla squadra perché gli consenta un congedo decoroso: "Dobbiamo fare una partita degna della maglia che indossiamo, del nome che rappresentiamo. Ci sarò domani sera contro la Moldavia. I risultati sotto la mia gestione sono questi e devo assumermi la responsabilità. Io amo questa maglia, questo lavoro e i calciatori che ho allenato: domani sera chiederò loro di dimostrare ciò che ho chiesto, anche se non sono stato in grado di consentire loro di  esprimere il meglio”.

3) Il retroscena sulla decisione di Gravina: "Ieri sera siamo stati molto insieme. Mi ha comunicato che sarò sollevato dall'incarico di ct della Nazionale. A me è dispiaciuto: io non avevo alcuna intenzione di mollare. Avrei preferito rimanere al mio posto e continuare a fare il mio lavoro. Questo ruolo l'ho sempre interpretato come servizio alla patria, voglio contribuire per il futuro della Nazionale. Farò la risoluzione del contratto. Fino a domani sera allenerò, da dopodomani non riscuoterò più. Dato che i risultati sono questi, devo prendere atto. Dalla Federazione ho ricevuto tutto il supporto possibile".

4) L'ultima frase è una dimostrazione di stile che fa onore a chi l'ha data. Non altrettanto dicasi per il presidente della Federazione. In mattinata, a Parma, aveva ribadito di non avere nessuna intenzione di dimettersi. A pagare, per ora, è solo Spalletti. La mente ritorna a ciò che accadde in Brasile, undici anni fa: dopo l'eliminazione dal Mondiale, l'ultimo disputato dall'Italia, Giancarlo Abete e Cesare Prandelli si dimisero immediatamente. Gravina, invece, è rimasto al suo posto, sia dopo la bruciante sconfitta con la Macedonia del Nord, a Palermo, il 24 marzo 2023 che significò l'addio ai Mondiali in Qatar sia dopo la devastante eliminazione negli ottavi di finale dell'Europeo, a Berlino, per mano della Svizzera, il 29 giugno 2024. Di più. Il 3 febbraio scorso, il Numero Uno del calcio italiano si è tolto la soddisfazione di essere democraticamente rieletto sino al 2028, al primo scrutinio, con il 98,7% dei voti (481.084 su 487.500): un impressionante plebiscito. Invocarne le dimissioni ora è un esercizio lecito e, nei panni dell'interessato, le avremo già rassegnate, simultaneamente all'esonero di Spalletti. Al tempo stesso, la domanda é: dov'è andato a nascondersi quel 98,7 % che ha trionfalmente confermato Gravina al suo posto?

5) Adesso, tuttavia, conta soltanto qualificarsi al Mondiale affidandosi a Ranieri. Se non ci riesce lui, non ci riesce nessuno.

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