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La Nazionale non è una squadra qualunque

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A metà agosto del ’23, a poche settimane da una partita importante, Roberto Mancini lascia la Nazionale per andare ad allenare l’Arabia e due anni dopo, salutati i sauditi, ammette di essersi pentito: questo gli fa onore.

Pochi giorni fa Acerbi rifiuta la convocazione per evidenti dissapori col ct e aggiunge che in futuro si renderà disponibile per qualsiasi chiamata.

E ieri Spalletti, dopo una sconfitta disperante e alla vigilia di un’altra sfida mondiale, annuncia in conferenza stampa di essere stato esonerato, ma che contro la Moldavia sarà ugualmente in panchina.

Aiuto! Cos’è diventata la Nazionale? Aridatece la sobrietà di Bearzot, Vicini, Cesarone e Cesare. Quanto vale oggi l’azzurro più amato del Paese? È soltanto carne da social? Where is l’istituzione? Dove sono i valori? Chi ci sta rubando anche i simboli?

Posso capire il presidente federale che decide di cambiare guida per ragioni più che comprensibili. Non lo capisco quando comunica la cosa all’interessato prima di una gara. E posso capire la frustrazione e il disagio del tecnico che non si sente rispettato, ma perché quella grottesca messinscena? Per motivare il gruppo c’era bisogno di uno schiaffo così potente?

Quando Gravina scelse Spalletti tutta l’Italia condivise la decisione del presidente, in queste ore la testa più reclamata è proprio la sua. Il prossimo ct dovrà lavorare insieme alla federazione soprattutto per restituire dignità all’immagine della Nazionale. E non soltanto con i risultati.

Chi eleggerà il prossimo presidente del Coni rifletta anche su quest’ultimo punto. Perché non è che il Coni stia facendo una figura migliore.

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