C’era grande e legittima attesa per il ritorno di Mancini, che in nerazzurro ha vinto tanto, ma di quella grande Inter - purtroppo per lui e i suoi tifosi - è rimasto niente. Ha stravolto subito la squadra, a cominciare dalla difesa: via il mazzarriano schieramento a tre e ricorso alla preferita disposizione a quattro, del resto ormai la contrapposizione fra tre e quattro difensori è diventata la guerra di religione del nostro calcio, Mancini contro Mazzarri così come Allegri contro Conte. E’ comprensibile che il nuovo tecnico dell’Inter abbia voluto rischiare il meno possibile e abbia obbligato Kovavic e Palacio a fare spesso i terzini, un po’ come Mourinho con Eto’o e Pandev nella mitica stagione della tripletta. L’impatto della mano di Mancini si è visto, come giustamente temeva Inzaghi: squadra più compatta, meno sfilacciata, capace di reagire e non naufragare anche dopo il gol del Milan. Niente di travolgente, del resto nessuno fa miracoli (soprattutto con questo materiale), ma qualche progresso s’è notato.
Anche Inzaghi ha disegnato un Milan più equilibrato rispetto a certe esibizioni passate, grazie alla corsa di El Shaarawy e Bonaventura (l’ex atalantino si conferma acquisto azzeccatissimo). Alla fine sono proprio i rossoneri ad avere qualcosa in più da recriminare, soprattutto per la clamorosa occasione fallita proprio dal Faraone, ma questo derby in tono minore non poteva che finire pari. Con tante emozioni, tra gol e pali, poco spettacolo, troppi errori e rare giocate preziose. Così, oggi, va il calcio a Milano.