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SI E' SCIOLTO IL SANGUE DEL NAPOLI, MA ADDIO MIRACOLO

Getty Images

Guido Mazzetti ripeteva che “chi vince è un bravo ragazzo e chi perde una testa di cazzo”. Mazzetti, bolognese, era un artigiano del calcio, un allenatore d’altri tempi, di sostanza prima che di forma. La sua massima è stata a lungo tenuta in vita da Adriano Galliani che con Mazzetti divise alcuni momenti monzesi.
Venerdì scorso, pur se parzialmente depurata, l'ha ripresa Allegri (influenze gallianesche). Nelle 48 ore successive per i tifosi più umorali lo stesso Allegri è passato da una condizione all’altra, mentre il destino opposto è toccato a Sarri, preceduto peraltro da De Laurentiis colpevole di non aver rafforzato adeguatamente la squadra.
Penso che quest’anno la perla di Mazzetti possa verosimilmente andare in pensione poiché Allegri e Sarri, investendo su idee, soluzioni e risorse differenti, ci hanno consegnato un finale avvincente e unico, anche se la conclusione non sembra troppo diversa dai precedenti.
Curiosamente, il weekend di Inter-Juve è stato più decisivo di quello dello scontro diretto - altro luogo comune smontato. La partita, che ho visto alle 8 del mattino di domenica dopo aver letto e ascoltato di tutto, la risolvo con due parole: Orsato l’ha decisamente condizionata non cacciando Pjanic, e chi dice o scrive il contrario non è obiettivo. La Juve l’ha però portata a casa da Juve.
Poche ore dopo il peggior Napoli della stagione ha parzialmente disarmato le batterie degli indignati perdendo a Firenze: si è sciolto il sangue del gioco, ma è mancato il miracolo.
Dubito che la Juve possa mancare il settimo scudetto consecutivo, avendo 4 punti di vantaggio e dovendo incontrare Bologna e Verona; così come sono convinto che la squadra di Sarri non ne abbia più da oltre un mese: all’Allianz Stadium aveva vinto con l’organizzazione difensiva, un sontuoso Koulibaly e un Jorginho praticamente perfetto: i tre tenori e Hamsik avevano mostrato una condizione scadente. In due parole, è andata. La facoltà della conoscenza ha prevalso su quella delle emozioni, il calcolo sull’idea, l’esperienza sull’imprevedibilità: la festa sta tornando da chi la fa durare al massimo un paio di giorni. E' la forza dell'abitudine.

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