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Non siamo su Scherzi a parte

Inter via Getty Images

Che si giochi o non si giochi, Juve-Inter è sempre un casino: con questa classifica, se fossi Lotito, che in lega ha un potere non indifferente per meriti personali e altrui carenze, ne suggerirei l’immediata abrogazione.

Intorno alla partitissima, la madre di tutti i rinvii, stiamo assistendo alla sagra dell’interesse di bottega che la formuletta «l’abbiamo fatto per proteggere il prodotto in un’ottica commerciale e internazionale e per evitare di peggiorare l’immagine del Paese all’estero» rende semplicemente ridicola. Ridicola come la figura che sta rimediando il calcio italiano - tanto grottesche quanto inaccettabili le spiegazioni.

Ieri Alessandro Barbano ha esposto perfettamente il pensiero di questo giornale riassumibile - e riassunto - nel titolo “Non si gioca con l’emergenza”. Lo scontro che ha sostituito l’incontro è naturalmente proseguito e la temperatura si è addirittura alzata. Il neopresidente della lega Dal Pino, rispondendo alle accuse di Marotta («campionato falsato, è una sconfitta del calcio»), ha rivelato che: «venerdì l’ad De Siervo e io abbiamo proposto all’Inter di spostare la gara contro la Juventus al lunedì sera per disputarla a porte aperte. L’Inter si è rifiutata categoricamente, si assuma le sue responsabilità e non parli di sportività e campionato falsato. Marotta rappresenta le esigenze dell’Inter, io tutelo gli interessi generali di tutta la Serie A, che purtroppo sconta quotidiani conflitti di interessi legati a ciascuna squadra. Io devo promuovere il campionato italiano e la sua immagine nel mondo, trasmettere gare a stadi vuoti sarebbe stato un pessimo biglietto da visita per il Paese. La decisione è mia per statuto, ma i club coinvolti sono stati sentiti telefonicamente, per cui sappiamo bene le posizioni di ognuno, difficilmente conciliabili. Noi agiamo con senso di responsabilità per tutelare i tifosi e il diritto di tutti ad assistere alle partite, compresa l’esigenza dei broadcaster di trasmettere immagini di stadi pieni e festosi».

Premesso che lo spostamento di ventiquattr’ore non avrebbe soddisfatto l’urgenza di tutelare la salute dei tifosi, dal momento che il Paese è in piena emergenza, mi chiedo cosa o chi abbia indotto Dal Pino e De Siervo a tornare all’ultimo momento su una decisione già presa e condivisa da tutti in un weekend in cui, per inciso, la B ha completato l’intero programma e la C si è rimessa a giocare: dubito che i virologi del Sacco o dello Spallanzani abbiano garantito a Balata e Ghirelli che in B e in C il virus non avrebbe attecchito.

Anche il discorso sulla protezione del prodotto a livello internazionale non regge: l’emergenza è mondiale e all’estero sanno bene che l’Italia sta vivendo una particolare condizione di difficoltà. Per quanto riguarda il broadcaster - poi - che grazie al rinvio ha buttato nel cesso 200mila euro di costi vivi in meno di 24 ore, riducendo o cancellando peraltro alcune trasmissioni (penso al Club di Caressa, ad esempio, chiuso da 15 giorni), sono certo che l’assenza del pubblico non avrebbe ridotto l’interesse, né l’audience.

L’Inter si è rifiutata di scendere in campo? E ci mancherebbe: il lunedì a porte semi-aperte (sarebbero stati esclusi i residenti di Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna) avrebbe garantito a una Juve non al massimo la “bolgia” (spinta) spesso invocata da Conte nelle stagioni torinesi e costretto i nerazzurri a riposare un giorno in meno in vista del ritorno di coppa Italia col Napoli.

PS. Intorno alle 19 di ieri, mentre scrivevo questo articolo, i “calcio- leghisti” si stavano ancora spremendo le meningi per individuare soluzioni-tampone (Juve-Inter di giovedì, spostamento ad aprile, recuperi nel weekend); il Verona viaggiava verso Genova senza sapere se avrebbe giocato perché nessuno gliel’aveva ancora comunicato (è la nostra Serie A, my friend); alcuni club minacciavano azioni legali nei confronti di Dal Pino e compagnia. Ovvero contro se stessi. E al ministro dello sport Spadafora giravano a frullo: colpa del calcio che aveva posto i propri interessi e i propri “contagiati” davanti a quelli del Paese.

IL BASKET, SI', HA DAVVERO BISOGNO DI AIUTI DAL GOVERNO

Ma non di solo calcio vive l’uomo. Anche di basket, nel mio caso: di uno sport che amo perché mi ha aiutato a crescere nella mia Bologna. Del secondo sport nazionale che le televisioni trascurano da anni. Di un mondo in cui la stragrande maggioranza dei club fatica a raggiungere l’equilibro economico producendo ogni anno grosse perdite: i ricavi si basano esclusivamente su biglietteria e sponsorizzazioni; i diritti tv, una pia illusione.

Detto ciò, potete immaginare l’impatto che l’emergenza coronavirus ha (e avrà) sull’intero sistema Italia, un’autentica calamità i cui effetti dovrebbero essere contrastati con urgenza e in modo serio dal Governo. La sospensione delle partite e la soluzione delle “porte chiuse” rischiano infatti di falsare il campionato in corso, ma soprattutto di mettere in ginocchio o addirittura far sparire numerose società di A1 e A2.

Misure efficaci per arginare una crisi che presenta contenuti di irreversibilità dovrebbero “interessare” i contributi Inps e Giba sugli stipendi e il trattamento di fine rapporto dei giocatori; i contributi Usap sugli stipendi degli allenatori; ritenute Irpef quali addizionali regionali e comunali; l’assicurazione Inail obbligatoria sugli infortuni dei tesserati; e l’Iva, naturalmente, sulle fatture emesse a sponsor che, colpiti dalla crisi, faticano a pagarle.

In due parole, il Governo dovrebbe estendere al basket (e ad altri sport con le stesse difficoltà) le misure adottate nelle regioni a rischio sospendendo fino a fine emergenza il pagamento di tutte le ritenute fiscali e i contributi previdenziali, oltre al versamento dell’Iva su fatture non pagate ed eventuali rateizzazioni in corso.

Il 9 marzo Umberto Gandini diventerà l’ad della lega, immagino che i temi che ho esposto saranno i primi che dovrà sviluppare. La federbasket ha fatto la sua parte rimandando il pagamento del Bollettino Freccia. Ma soltanto il Governo è in grado di garantire realmente la sopravvivenza del basket.

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