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Il pestone d’Achille: lo step on foot mette in crisi Rocchi

Anche una regola non interpretabile riesce ad aumentare la confusione: da Lecce-Milan a Fiorentina-Lazio e Monza-Roma, troppi episodi confermano la "vulnerabilità" di arbitri e Var  

Là dove fino a poco tempo fa era lo sgambetto, se non addirittura l’entrata assassina del difensore (pardòn, difendente) sull’attaccante, oggi è lo step on foot, il pestone malandrino e sempre più spesso involontario, casuale. In tv qualcuno, poco pratico dell’inglese, l’ha ribattezzato “step on food”, una storpiatura per certi versi accettabile poiché questo anglicismo è diventato cibo che nutre settimanalmente Varisti e baristi (e frequentatori).

Di step on foot se ne registrano due, tre, fors’anche dieci a partita e non potrebbe essere diversamente, visto che - fino a prova contraria - a pallone si gioca in prevalenza con i piedi: curiosamente la varietà delle interpretazioni arbitrali risulta sempre molto spettacolare. Domenica sera, ad esempio, per un intervento a metacampo di Gatti su Augello - lo juventino era in situazione di possesso palla - ho sentito perfino sentenziare che il pestone non era punibile col giallo dal momento che era stato Augello a mettere il piede sotto quello dello juventino. Siamo così arrivati al foot under step, la degenerazione della specie.

I piedi come specchio dell’anima. A Monza anche il pestone di Kryakopoulos a Baldanzi è stato letto in tre modi: nessun dubbio, è fallo in quanto evidente step on foot; non è fallo perché i due giocatori guardavano il pallone che stava arrivando (dal Lambro); non è punibile perché involontario: stavano entrambi correndo (sciocchezza: Baldanzi era fermo). Durante Open Var su Dazn prima l’ex arbitro Gervasoni e poi il designatore Rocchi ci hanno raccontato che Cristo era morto dal freddo e non sulla croce. Il motivo? Semplice: hanno tentato di proteggere La Penna di Monza-Roma e l’intera categoria. Un imperdonabile errore di comunicazione: se avessero spiegato che il rigore era da assegnare in ossequio al regolamento - che personalmente considero folle - avrebbero fatto miglior figura.

In quel momento Rocchi mi ha ricordato Juric che si dichiara soddisfattissimo della sua Roma con l’Elfsborg: l’ammissione di un errore o di una pessima prestazione ha spesso effetti rasserenanti. Potenza della verità. Tornando all’involontarietà, proprio Rocchi la stagione scorsa, dopo Lecce-Milan - gol di Piccoli annullato al 94’ per un pestone a inizio azione a Thiaw - spiegò che è ininfluente. Ma Rocchi lo comprendo e ogni tanto mi verrebbe voglia di consolarlo: dirige una squadra in totale confusione che avrebbe bisogno di certezze insindacabili e anche quando le ottiene – esempio, lo step on foot in area è sempre da punire - puntualmente s’incarta.

Tornare alle stagioni di Carlo Sassi non è possibile: la tecnologia ha cambiato la nostra vita ed è inevitabile che investa anche lo sport più popolare, modificandone contenuti e aspetti. Tuttavia, stabilito che quella è la regola, non si può ricorrere a artifici verbali per correggerne l’applicazione. Ti pesto o colpisco un piede in area anche se sto rinviando il pallone e tu, da dietro, arrivi prima di me col tuo destro o sinistro, oltretutto mostrando le spalle alla porta? So che potrà non piacere, ma è rigore. Ovviamente mi riferisco a quello assegnato alla Fiorentina domenica sera. Un obbrobrio calcistico, ma la regola lo prevede e a quella ci si deve attenere. Siamo a livello del gol annullato per fuorigioco di dieci millimetri di chiappa. Dice: ma con la chiappa non si può segnare un gol. Si può, si può.

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