Una poltrona per tre. È un evento raro per il campionato italiano ma non una novità assoluta. Tre stagioni fa, tanto per dirne una, a dodici giorna te dalla fine il Milan (che poi vinse) aveva due punti di vantaggio su Napoli e Inter. Nel 2001-02 (l’anno del 5 maggio) Roma e Inter avevano 53 punti, la Juventus 52. Finì come gli interisti - purtroppo per loro - ben ricordano. Nel 1997-98 la classifica era Juve 54, Inter 53, Lazio 52. Anche quella volta vinse la Juve. Stavolta i bianconeri sono fuori dai giochi. Lo scudetto è affare riservato a Inter (57 punti), Napoli (56) e Atalanta (54). Il Predictor di Opta non ha dubbi: alla squadra di Inzaghi assegna il 64,8% di chance; il Napoli ha il 28,1 e all’Atalanta rimane il misero 6,1%. Ma come ci insegna Trilussa, la statistica è scienza ingannevole. Qui non si tratta di chi mangia un pollo intero e chi muore di fame. Qui, più semplicemente, i numeri vanno a traino del campo. È il campo il giudice supremo. La statistica si adegua. Noi proviamo ad analizzare una serie di fattori.  

Inter, Napoli e Atalanta: il killer-instinct

Cominciamo da una legge fondamentale dello sport: quel che gli anglosassoni chiamano killer-instinct. Ossia la capacità di uccidere (sportivamente s’intende) l’avversario quando se ne presenta l’occasione. Di non regalargli la chance di tornare in corsa. Vale per tutti gli sport, quindi anche per il calcio. E il Napoli la chance di uccidere il campionato l’ha avuta. Soprattutto dopo l’uno-due ad Atalanta e Juventus. Quella vittoria a Bergamo sembrò l’uppercut fatale per i bergamaschi. Al punto che Gasperini e i suoi hanno buttato via due gare interne contro Torino e Cagliari. Dopo quella incornata di Lukaku, pensavano solo alla Champions. Poi, però, il Napoli in quattro partite ha rimediato la miseria di tre punti, l’Inter ne ha perse due e l’Atalanta è uscita dalla Champions e con una vittoria roboante a Empoli è tornata pienamente in corsa.