Il tocco magico di un professore al diciottesimo risultato utile consecutivo, uno che come la mette giù, gira, funziona. Il tocco pratico di Claudio Ranieri che sta reinventando il calcio: fa cose in apparenza senza senso, l’accezione è ovviamente positiva, rispetta alla lettera il lavoro della settimana, ciò che non vediamo. La sua Roma raccoglie punti in qualsiasi modo e con qualsiasi disegno tattico, con la pioggia e con il vento, anche con i due centravanti, uno dei quali riconvertito in trequarti tattico: Shomu ha giocato di sottrazione (su Calha), l’amico Dovbyk di non so cosa.
Ranieri ha vinto senza Dybala, con Paredes, Saelemaekers e a lungo El Shaarawy fuori. Ci sono momenti in cui penso che prenda tutti per i fondelli, che provochi e spiazzi volutamente: ma alla fine ha sempre ragione.
Gli è bastato un solo gol anche a San Siro, come in altre sei occasioni, in questo caso però accompagnato da quattro errori marchiani sotto porta e da una sofferenza che non ha interessato Svilar.
Per fortuna non tocca a me stilare le pagelle - mica sono Piantanida -, perché se avessi dovuto esibirmi avrei promosso con voti molto alti i difensori, insieme a Cristante, Soulé e Koné e negato la sufficienza ai due davanti, a Baldanzi, Pisilli e Gourna-Douath, impalpabili nel momento del bisogno. Avrei certamente salvato Pellegrini: due o tre palle giuste le ha servite.
Il tocco tragico di un’Inter che effettivamente sembra svuotata: è alla terza sconfitta di fila, è confusa, lenta e lunga, frastornata, nervosa, nervosissima, Lautaro ne riassume la condizione di instabilità emotiva. Le idee e la brillantezza sono rimaste negli spogliatoi dopo i primi 45 minuti del derby di coppa e non sono più uscite.
Questa rapidissima involuzione mi ha sorpreso e impressionato: pensavo che l’Inter avrebbe avuto la forza di reagire, sbagliavo: m’è venuta in mente la profezia di un allenatore a spasso che dopo lo 0-3 di mercoledì scorso mi ha detto: «Vedrai, non ne vince più una».
Io le auguro invece di riprendersi col Barcellona, di ritrovarsi in fretta, perché Inzaghi non merita un finale di stagione grigio tendente al nero.