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De Silvestri: "Zirkzee attaccante pop. Lazio la mia mamma calcistica"

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Il giocatore del Bologna racconta la grande stagione con Thiago Motta e ricorda anche un aneddoto simpatico: “Venne Di Canio con un rasoio…”

ROMA - “Ci sono energie positive, c’è tanto rispetto dei ruoli sia fuori dal campo sia a livello societario. Ognuno ha ben chiaro il proprio ruolo, c’è grande empatia e voglia di stare insieme”. Lorenzo De Silvestri a RDS racconta il grande momento del Bologna. Il sogno Champions League non è così lontano: “Cosa c’è di diverso quest’anno? Il gruppo, sembra banale dirlo, ma è questo. Abbiamo tante culture diverse, ma si nota molto quanto siamo uniti quando esultiamo per un gol. Le nostre esultanze sono il sinonimo dei risultati che ottiene un club. La nostra è una favola, ma anche un orgoglio”.

Il Bologna secondo De Silvestri: “Voglio dare sempre il 100%”

“Mi è stato chiesto di essere d’esempio rimanendo pronto nei momenti in cui sarebbe servito esserlo. Essere sempre in prima linea è quello che mi fa sentire vivo, cerco sempre di dare il 100% e aiutare i giovani. Quando arrivano calciatori dall’estero cerco di aiutarli a conoscere anche la città, perché può agevolare l’integrazione nella squadra. Futuro? Ho ancora obiettivi come calciatore, mi piacerebbe raggiungere le 100 presenze nel Bologna e altri traguardi, perché mi sento ancora bene. Dopo mi vedo in giacca e cravatta, non sarebbe male rimanere nel mondo calcistico, sto studiando per questo. Il Presidente è mitico, una persona molto educata e pacata che sa quello che vuole. Tratta tutti in maniera incredibile, si ricorda i nomi dei nostri figli e delle nostre compagne, cura molto i dettagli. A noi chiede di dare sempre tutto, giocando una volta a settimana ci dice che quello è il momento in cui dare tutto. La sua presenza è un motivo in più per farlo, perché è un presidente che non ci fa mancare nulla. Cosa chiediamo noi a lui? A noi basta che sia presente, vederlo qui a Casteldebole vicino alla squadra è già speciale. Bonus Champions? La società ci è stata molto vicina, abbiamo delle dinamiche da definire. Io parlo sempre di sogni che diventano obiettivi. Noi viviamo un sogno, partita dopo partita è aumentata la nostra consapevolezza. Possiamo lottare fino all’ultimo con grandi squadre, siamo lì e vogliamo godercela fino alla fine”.

De Silvestri racconta Thiago Motta e Mihajlovic

“Il mister è arrivato in un momento delicato per noi, ma ha portato subito un tipo di gioco innovativo. Ci ha dato tanta consapevolezza, con i giovani è stato importante per la loro crescita. Chiunque giochi lo fa con una fiducia importante, non conta solo l'individuo, ma la squadra, e questo è merito suo. Sa scindere bene i momenti, ci lascia liberi quando è giusto che sia così, in campo e fuori, però poi nel rispetto delle regole è anche molto ferreo e vuole il massimo. Fuori dal campo ci sono regole, anch’io cerco di farle rispettare: da evitare i ritardi, polemiche alle sostituzioni, piccole cose, ma importanti per mantenere disciplina in un gruppo. Thiago Motta è un grande allenatore, l’ho visto spesso far cambiare atteggiamento alla squadra durante gli intervalli, riuscendo a toccare i nervi giusti sia con la scelta delle parole sia nei cambiamenti in campo. Ricordo tutti i giocatori importanti passati, ma anche Sinisa, che ha portato un cambiamento da quando è arrivato. Ha portato innovazione e un modo spavaldo di interpretare le partite, ci ha cambiato molto lo stato d’animo e la consapevolezza, dando importanza a livello internazionale al Bologna. La sua malattia ci ha unito, l’anno scorso feci un discorso alla squadra, ricordai loro l’importanza di aver superato e gestito momenti del genere. Siamo diventati maturi, è stata una cosa che ci ha lasciato grande maturità. Il mio rapporto con lui non è stato sempre rose e fiori, mi ha fatto provare anche tanta rabbia, soprattutto a Firenze quando non mi faceva giocare. Voleva insegnarmi a reagire a situazioni negative, ma poi mi ha dato gioie incredibili ed è anche grazie a lui che poi sono arrivato a Bologna. Momento più duro con lui? Ricordo il periodo di Firenze, avevo appena esordito in Nazionale giocando l’anno prima la Champions League, avevo 21 anni. Avevo il petto gonfio: mi sentivo fortissimo. Mi tenne fuori per qualche partita, voleva farmi capire che non stavo dando il massimo negli allenamenti. Ricordo una vigilia: capii di non giocare la partita di domenica e mi misi a piangere durante un allenamento. Lui si avvicinò a me e mi disse: “Voglio farti capire che devi reagire e tornare a curare i dettagli come facevi prima”. Momento più dolce? Fuori dal campo ricordo quando lo andammo a trovare fuori dall’ospedale, era lì da 40 giorni. Quello è stato un momento emotivo fortissimo, vidi la gioia nei suoi occhi”.

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