Finché morte non lo separi. Antonio Avati, tifoso del Bologna e produttore cinematografico, ha il suo per sempre, nella gioia e nel dolore. "Smetterò di fare cinema quando muoio come sarò tifoso finché vivo. Essere tifoso è un modo di vivere: è la gioia della partita e se si perde è già speranza nella domenica dopo. Nei film invece le sconfitte sono più dure, determinanti. Se un film va male è una piccola tragedia".
La morte e i morti sono argomento dell’ultimo film dei fratelli Avati, “L’orto americano”: morti buoni, fotografie parlanti, che fanno compagnia più che paura. Un ritorno all’antico, bianco e nero compreso, una sua intuizione, Antonio.
"'L’orto americano' ripercorre la classicità di certi film che hanno fatto la storia del cinema e di un genere. Questo è un thriller/gotico, il bianco e nero risulta vincente, è la citazione più importante di tutto un film pieno di citazioni".
Cosa si aspetta da questo film, appena uscito?
"Il meglio, ovviamente. Non so se la gente ha voglia di vedere bei film, così raffinati e completi nella loro esecuzione, senza attori conosciuti e di richiamo. Questo è un film che può piacere a una fetta di pubblico che non conosce i film di Pupi. Se ci danno il tempo del passaparola credo che andrà bene, per avere quel successo assoluto, quel botto che non abbiamo mai fatto. È il momento che questo mestiere, che facciamo con onestà e professionalità da cinquant’anni, ci dia una gioia, ce lo meritiamo".
E dal Bologna cosa si aspetta?
"Siamo in corsa per un buon piazzamento. La Coppa Italia poi sarebbe un grande risultato che mi autorizzerebbe a perdonare nuovamente il pullman a Piazza Maggiore, e Italiano supererebbe Motta. Visto l’inizio negativo di questa stagione, mi sono sentito patetico per la sfilata, i cori, i pullman del ritorno in Champions, avevamo festeggiato il nulla. Però le cose sono cambiate".
Thiago Motta contro Vincenzo Italiano?
"A parte il grave tradimento umano per aver scelto prestigio e denaro andando nel club più popolare d’Italia, credevo che Motta, come tattico e per intelligenza, fosse superiore a Italiano che ho esagerato a condannare subito. Certo i risultati straordinari li ha fatti Motta. Italiano però è onesto e mi sta meravigliando positivamente. Gli chiederò scusa".
Chi vorrebbe in panchina?
"Non voglio mandarlo via! Ma se per qualsiasi ragione dovesse andarsene, cercherei di recuperare Mancini o un altro in linea con le nostre ambizioni, come Sarri che forse abbiamo dimenticato che esista"
Un ricordo di Mihajlovic?
"Sinisa mi piaceva moltissimo come persona. Uno tenace, capace di relazionarsi con i giocatori. Non era un grande tattico ma aveva un grande cuore. Straziante vederlo incitare i suoi ragazzi quando andavano sotto al balcone dell’ospedale. Lui straordinario".
Sette scudetti vinti dal Bologna, se ne può sognare ancora?
"Lo scudetto si può sognare. Saputo è un presidente fantastico, sta dietro le quinte, non si espone, è dolce e saggio, se avesse voglia e possibilità di puntare sul mercato estivo, riempiendo quelle 2-3 caselle con top player, si può sperare di arrivare in paradiso, come nel 1964 il Bologna di Bernardini. Oggi, per com’è, la squadra sta facendo pure troppo, non c’è un atteggiamento rinunciatario e c’è uno straordinario feeling tra giocatori e tra squadra e tifosi che perdonano tutto. E’ una bella sinergia".
I suoi calciatori preferiti?
"A me piacciono i centrocampisti-registi, i giocatori intelligenti, geometrici. Uno come Schouten che purtroppo è andato via, o come Nils Liedholm, Juan Alberto Schiaffino, Giacomo Bulgarelli. Oggi vedo molto bene Freuler e Ndoye, che quando imparerà a fare più gol e a inquadrare meglio la porta diventerà un campione".