CAGLIARI - Avete presente il bravo ragazzo di montagna, che durante le vacanze si rifugia nella borgata dove è cresciuto, mangia lo strudel di mele della mamma e va al bar dove trova gli amici d’infanzia? Ecco, questo è Nadir Zortea, 25 anni, nato a Feltre (Belluno), perché là c’è l’ospedale più vicino a Zortea, frazione di San Martino di Castrozza (Trento) con lo stesso nome del nostro eroe. Nadir, due gol e un rendimento sempre alto, è uno dei giovani emergenti del Cagliari. Arrivato con Adopo e Piccoli dall’Atalanta, si gode il momento positivo, ma con un chiodo fisso: «La mia ambizione è migliorare sempre, come uomo e giocatore».
Zortea, da piccolo lo sci sulle orme di tuo padre Franco. Poi, però…
«Mio padre praticava il biathlon ma io avevo in testa il pallone. Quando mi hanno iscritto alla scuola calcio, nella mia categoria, i “Pulcini”, eravamo in tre. Cosa vuoi, Zortea ha cento abitanti, trecento o poco più con i turisti».
Fuori di casa molto presto, a Bolzano, con il Sudtirol. Come è stato l’impatto?
«Mi sono abituato presto. Studio, allenamento, studio. La giornata volava via».
Poi l’Atalanta. Un passo importante?
«Già a Bolzano pensavo che sarei diventato un calciatore professionista. Bergamo è stata una tappa importante, una società e un ambiente impeccabili».
Faccia a faccia con Gasperini. E’ davvero così antipatico?
«Ma no. Diciamo che è un allenatore complicato per i giocatori permalosi».
Immagino che tu non lo sia.
«Per niente, da Gasperini ho imparato moltissimo».
E da Nicola?
«Anche. Cura i dettagli in maniera maniacale e ha un approccio umano fantastico. Sotto questo punto di vista è ai vertici».
Il Cagliari sembra aver imboccato la strada giusta. Qual è la tua impressione?
«Che abbiamo trovato la quadra. Siamo una squadra che nessuno vorrebbe incontrare, aggressiva e compatta».
Due gol pesanti, al Parma e al Milan. Contento?
«Moderatamente, non sono ancora al massimo. Il mio obiettivo è alzare il livello delle prestazioni».
Da terzino destro a ala destra. Come è stata questa trasformazione?
«Credo sia un’evoluzione del calcio, il mio ruolo interpretato in maniera diversa, in proiezione offensiva. Mi piace».
Idoli?
«I terzini che attaccano, come Dani Alves e Cancelo. Ma a casa ho le maglie di Alex Del Piero, stravedevo per lui».
Tifoso della Juventus?
«Da ragazzino la seguivo. Quando ci ho giocato contro, ho provato un sentimento vicino all’odio. Sportivo, s’intende. Ma non scriverlo».
No, tranquillo. Lotta per la salvezza, il panorama è ancora incerto, non trovi?
«Condivido. Ci sono tante squadre allo stesso livello, al momento non guardo la classifica, non è veritiera. A febbraio-marzo ne sapremo di più».
Qual è la squadra che ti ha sorpreso?
«L’Atalanta, ma sino a un certo punto. Lavorano bene da anni e Gasperini è un allenatore devastante».
Dispiaciuto di averla lasciata?
«No, sono capitato in un ottimo ambiente e in un posto meraviglioso. Ho preso casa vicino al mare, lo adoro».
Strano, per un trentino.
«Eppure è così. Il mio secondo sport è l’apnea, aiuta a controllare la respirazione, ti insegna a sopportare lo stress. E’ utile per la mia crescita. La pratica anche Piccoli, sogno di andare a pesca subacquea con lui».
Piccoli, il tuo grande amico.
«Lo conosco dalle giovanili. Giocatore fantastico, dà tutto per la squadra, ha sprint e velocità impressionanti».
Piatto preferito?
«Lo strudel di mia mamma Vania, il più buono del mondo. Ma anche la sua torta di mele è super».
Non esattamente cibo da atleta.
«Mia madre dice sempre che devo mangiare di più. Sto molto attento all’alimentazione, ho iniziato a cucinare a casa con un attrezzo meraviglioso: metto riso, salmone e verdure su tre scomparti, imposto il timer e voilà, il pranzo è pronto».
Sposato, fidanzato?
«Single», con sorriso malizioso.
Fratelli e sorelle?
«Una sorella, Karin, disinteressata al calcio. Ha iniziato a occuparsene negli ultimi due anni, prima non sapeva neanche quando giocavo, mi telefonava quando ero negli spogliatoi prima della partita. Mi ha fatto prendere un sacco di multe».
Corriere dello Sport
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