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Suazo, l'intervista: "Il Cagliari è nel mio cuore. Serve una spalla per Piccoli"

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Suazo, l'intervista: "Il Cagliari è nel mio cuore. Serve una spalla per Piccoli" LaPresse
L’ex rossoblù incorona il giovane centravanti e suggerisce nuove mosse: "Roberto ha fatto bene, dodici reti sono un bel bottino. Ma spesso si è trovato troppo solo"

«Piccoli? Va riscattato. Ma al suo fianco ha bisogno di una punta da almeno dieci reti l’anno». David Suazo, il suo Cagliari e quello attuale. Tra un match di padel, con Mauro Esposito contro capitan Zola e Robert Acquafresca all’Ussi awards dedicato a Gianni Minà, e un occhio ai club che cambiano pelle. O almeno, ci provano. La pantera di San Pedro Sula si gode a Villasimius famiglia e tifosi. «Sì, a Cagliari ho trascorso i miei anni migliori, sono diventato calciatore e uomo. Mi hanno voluto bene e ancora oggi ricevo tante attenzioni». Classe ’79, rossoblù dal ’99 al 2007, terzo bomber all time con 94 gol in 255 match dietro sua maestà Riva (207) e Gigi Piras (105): «Sì, i sardi mi apprezzano, spesso incrocio tifosi che mi chiedono di tornare in campo!». King David ha in carriera un Mondiale con l’Honduras, che lo annovera tra i collaboratori tecnici, trofei e presenze con Inter, Benfica, Catania e Genoa. Si ripassa dai Quattro mori. «Roberto Piccoli ha fatto bene. Gli è stato chiesto di muoversi da solo in avanti, ha lottato su tutti i palloni. Così ha perso un po’ di lucidità sotto porta. Ma l’ha anche buttata dentro: dodici reti, dieci in A e uno in Coppa Italia, sono un bel bottino».  

Roberto Piccoli, 24 anni, 37 gare e tre assist in stagione. Una buona ragione, con le sirene della Premier in funzione, per dare dodici milioni all’Atalanta? 
«È presto e non mi sbilancio su questioni di mercato anche perché c’è tanta incertezza e non conosco i dettagli. Penso che Piccoli, e il Cagliari, abbia bisogno di una spalla da almeno dieci reti, indispensabili per soffrire di meno». 

Qual è l’identikit? 
«Uno come Kouamè potrebbe dare le risposte giuste. In A devi fare movimento, essere rapido nel tirare e nel manovrare. Poi, devi avere gamba ed essere al top fisicamente. Senza, arrivi sulla palla sempre secondo». 

Christian Kouame, ivoriano della Fiorentina all’Empoli in prestito, sarebbe un bel colpo anche per i tifosi? 
«Sì, ma è solo un esempio. Molto dipenderà da possibilità del club, indicazioni dell’allenatore e sviluppo del gioco».  

Cosa serve per avere un attacco che in A funzioni? 
«Tecnica e fiuto sono fondamentali, con le due punte o con la boa centrale e un falso nueve. Il calcio moderno va verso uno sviluppo che conta su inserimenti e dinamismo di esterni e mezze ali. Le soluzioni sono diverse, tutto dipende da idee di gioco, organico e traguardi societari». 

Fabio Pisacane avrà anche Pavoletti, che però pare destinato a un incarico dirigenziale. Come la vedi? 
«La A è sempre molto competitiva, la salvezza è d’obbligo. Calciatori come Leo sono una risorsa preziosa per il gruppo. Per l’esperienza, nello spogliatoio e in campo, magari con un minutaggio ridotto. Decidono tecnico e proprietà».  

Nel “tuo” Cagliari come andava? 
«Avevo dietro Gianfranco Zola e Mauro Esposito. E ci dava una mano anche Antonio Langella. Era molto facile: acceleravo, Gianfranco dipingeva calcio lanciandomi negli spazi. Oppure, Mauro arrivava in velocità da destra. Altri tempi. Ma è certo che ci siamo divertiti e con noi, specie l’anno della risalita in A, si è divertita anche la tifoseria. 

Chiudiamo con il gol che non scordi e un aneddoto storico: cosa ti disse Ibrahimovic? 
«La rete al Piacenza nel 2000: la prima col Cagliari, non servì a nulla, retrocedemmo e i compagni mi presero in giro a lungo. Ma non la scordo. Mentre Ibra mi disse che era più veloce di me. Gli risposi che era più alto e più forte ma non più veloce: facevo i 100 in 11 secondi netti».  

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