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Bove e il futuro: "Non so se potrò togliere il defibrillatore, l'idea di smettere..."

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Bove e il futuro: "Non so se potrò togliere il defibrillatore, l'idea di smettere..."
Il centrocampista della Fiorentina è tornato a parlare del malore che ha avuto durante la partita contro l'Inter: "Mi hanno detto che in ambulanza ero indemoniato, ma io non ricordo niente dopo il gol annullato a Lautaro"

Edoardo Bove non ha passato mesi facili, ma col tempo ha capito chel'importante era che stesse bene. Il centrocampista, che a dicembre ha accusato un malore in campo durante Fiorentina-Inter, ha detto come si sente a tre mesi dall'incidente in un'intervista al podcast "Passa dal BSMT" di Gianluca Gazzoli: "Ora mi sento bene. Sanremo mi è servito, avevo bisogno di rivivere quell'ansietta che mi fa stare bene. Sono una persona dipendente dall'adrenalina e rivivere certe emozioni, che non posso più avere in campo, è importante. Ero convinto di raccontare la mia storia nonostante sia una persona riservata perché volevo far capire la mia vicinanza ad un determinato tipo di persone che vivono la mia stessa situazione da soli. Io sto riuscendo ad andare avanti perché ho ricevuto tantissimo affetto e non riesco a immaginare cosa si provi ad affrontare tutto questo in solitudine".

Bove: "Rivedere quelle immagini mi turba"

Non è stato semplice per Bove tornare alla normalità dopo un evento del genere: "Le persone quando mi guardavano avevano uno sguardo di pena. All'inizio mi dava quasi fastidio ma non posso biasimarli. Dopo ho capito quanto questa cosa avesse spaventato la gente e di quanto fossero felici di vedermi. Lì ho capito la gravità di quello che è successo. Quando mi sono svegliato in ospedale non capivo cosa fosse successo e ho voluto rivedere quel momento in cui ho perso i sensi. Inizialmente le immagini non mi hanno dato fastidio ma riguardandole dopo un po' di tempo è stato come tornare indietro e per questo mi turba. Sento che nel mio percorso di recupero, anche mentale, mi facciano fare un passo indietro. Mi tornano in mente domande capricciose: perché proprio a me? Perché gli altri possono giocare e io no? Io ho realizzato subito di essere stato molto fortunato, per questo quasi mi sento in colpa quando mi faccio certe domande".

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