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Fagioli, un finale da scrivere

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Fagioli, un finale da scrivere LAPRESSE
Leggi il commento sulla rinascita del centrocampista azzurro

Ha 23 anni da poco, eppure sembra già antico come un veterano. Tanti strappi sul suo zaino, camminando lungo i sentieri della vita: il suo errore prenderla di corsa, tutta e subito, arrivando velocemente al vuoto e alla noia, riempiti con i surrogati allucinogeni delle scommesse

Conosciamo bene la storia di Nicolò Fagioli, tempo fa ha inondato giornali e televisioni, lui e Tonali, scatenando il moralismo integralista di noi buona società sulla piaga vergognosa della ludopatia, piaga doppiamente imperdonabile in chi dal destino ha avuto tutto, talento, soldi, successo, alla faccia di chi “fatica a tirare la fine del mese”. E pazienza se nei tribunali popolari ci sono immancabilmente giudici schiavi del fumo, dell’alcol, dei soldi, della corruzione, dell’evasione fiscale, eccetera eccetera. Non che la scarsa autorevolezza di questi tribunali debba alleggerire la posizione dei ragazzi persi nell’illecito, ma neppure dovrebbe appesantirla più di quanto già meriti. Proprio il Vangelo dell’ultima domenica parla chiaro, è quello di chi è senza peccato scagli la prima pietra e tutto quanto il resto. 

Tornando a capo: la storia che abbiamo raccontato con tanta passione civile e tanta indignazione morale ha una seconda parte che non va sminuita a mezzavoce. Che non va nascosta tra le pieghe. Perché sarebbe ora di finirla con questa abitudine di dare tanto spazio all’albero che cade e tacere sulla foresta che cresce. E allora raccontiamola, questa seconda parte della storia, come merita e quanto merita. Nel suo piccolo, richiama “Delitto e castigo” di Dostoevskij, ma anche “Resurrezione” di Tolstoj, in generale richiama l’umanissimo attraversamento del deserto con tanto di colpa, di espiazione e infine di redenzione. Fagioli ha sbagliato alla grande, Fagioli ha subito una condanna, Fagioli ha pagato con sette mesi di squalifica. E adesso Fagioli gioca – benissimo – nella Fiorentina. Volesse il cielo che il doloroso settore dei delitti e delle pene seguisse ogni volta questo andamento lineare, evitando a noi faciloni e partigiani di considerare sempre innocenti i nostri amici e sempre colpevoli i nostri avversari, a prescindere, lasciando invece campo libero al naturale corso della giustizia umana. Il nuovo Fagioli, emendato e ripulito delle sue macchie, è di nuovo un campione in essere, una possibile colonna della Nazionale, comunque un giocatore fatto e finito (con Kean, fa fischiare le orecchie agli schizzinosi della Juve). Merito come dice lui di chi gli è stato vicino, ma prima ancora merito suo, che ha saputo sfruttare il grande nero delle sue stupide scelte per ritinteggiarlo di celeste, colore luminoso del futuro. Diceva di lui Allegri che «ha i colpi di Modric». E certo vedendolo giocare viene facile confermarlo. Ma in fondo non è questo che importa davvero. Capita di sbagliare, di buttarsi via, di perdersi nel nulla. Qualcuno però riesce a usare il peggio per uscirne migliore. Fagioli giocatore è tornato, Fagioli uomo si sta (ri)facendo. Resta la storia giusta. Solo lui può sbagliare il finale

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