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Fiorentina, dove sta Gudmundsson?

Leggi il commento sulla posizione dell'islandese nello scacchiere del tecnico viola Palladino

C’è del buono nella sconfitta della Fiorentina a Siviglia. L’atteggiamento, la personalità, la forza di restare sempre in partita, la capacità di reagire dopo il 2-0 e lo scampato pericolo del 3-0. C’è la qualità di Gosens e c’è lo spunto (l’ennesimo) di Ranieri, un capitano che comincia a prendere confidenza col suo compito di leader. C’è soprattutto la consapevolezza di una squadra che sente di avere la possibilità di ribaltare il risultato al Franchi.
Certo, fermare Isco non sarà facile (non lo è stato nemmeno giovedì sera), a maggior ragione se accanto a lui dovesse giocare anche Lo Celso (una fortuna per i viola che sia entrato solo dopo un’ora), ma lo stesso discorso lo farà Pellegrini pensando a Kean, a Gosens e, chissà, anche a Dodo. Poi toccherà al Franchi, come ha detto Palladino, spingere forte i viola verso la terza finale di fila in Conference League.

Fiorentina, l'errore difensivo contro il Betis

C’è però anche qualcosa che non convince nella partita col Betis. L’errore nel sistema difensivo sul primo gol è stato troppo evidente. Negli occhi resta la figuraccia del giovane Comuzzo che arranca e non riesce nemmeno a trattenere Bakambu e poi il pesante ritardo di Parisi sul tocco di Ezzalzouli, ma quell’azione, che sembrava un contropiede, in realtà è partita da un lancio del terzino Ruibal che ha trovato la Fiorentina scombinata e non si sa perché. Pongracic è rimasto lontano dal duello Comuzzo-Bakambu quando invece avrebbe dovuto raddoppiare, Ranieri era a centrocampo, Parisi fuori posizione e la metà campo viola quasi deserta.

La posizione di Gudmundsson non convince

L’altro aspetto che non quadra è la posizione, anzi, il movimento a rientrare di Gudmundsson. Quando si dice e si scrive che la Fiorentina gioca col 3-5-2 si commette un errore. In realtà il modulo è 3-6-1, con l’islandese che spesso, troppo spesso, arretra per prendere palla nella propria metà campo. È come se non si fidasse di Fagioli-Cataldi-Mandragora, tre centrocampisti costruttori di gioco. Così lascia sguarnito l’attacco, soprattutto se il centravanti è Beltran, come nel primo tempo di Siviglia. L’argentino era staccato dal resto della squadra, completamente isolato. Ma è lui, Gudmundsson, che vuole giocare così o è Palladino che glielo chiede? A noi sembra strano in tutt’e due i casi. Che l’islandese salti un avversario a cinquanta metri dalla porta serve a poco, quel dribbling deve farlo venti metri più avanti. Solo così potrà mettere in difficoltà la difesa del Betis e, ancora prima, quella della Roma.

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