Ventitré i gol in stagione e uno in canna: Moise Kean non lo dirà mai perché è uno che preferisce i fatti alle parole, non è un chiacchierone insomma, e difatti se vuole esternare qualche concetto che gli appartiene e che gli interessa far conoscere ha scelto di farlo attraverso i testi delle sue canzoni, particolarità di un calciatore con caratteristiche particolari. Ma che ai ventitré gol realizzati finora nella stagione viola abbia una voglia matta di aggiungerne subito un altro, non ci sono dubbi. E potrebbe essere il più importante.
Kean, il vizio del gol
Uno almeno. Perché la squadra di Palladino se uno ne segna e nessuno ne subisce col Real Betis va ai supplementari, ma intanto il gap dell'andata al Villamarin sarebbe stato colmato e ovviamente non può non affidarsi al suo attaccante di riferimento, al suo cannoniere scelto per mettersi in pari e poi provare il sorpasso. E non sarebbe troppa grazia Sant'Antonio visto e considerato a che cosa si può dire abbia ormai (ben)abituato Moise: diciassette reti in trenta presenze e 2.531 minuti in campionato, spesso belle e prepotenti, non di rado determinanti per spostare il risultato dalla parte della Fiorentina, cinque in dieci partite e 577 minuti in Conference League, una in una in Coppa Italia sebbene non sufficiente ad evitare l'eliminazione (ai calci di rigore) agli ottavi per mano dell'Empoli tre sere dopo la notte drammatica del malore di Edoardo Bove. Numeri che spiegano bene l'annata dell'ex Juventus che se cercava un posto giusto e una squadra giusta dove rilanciarsi a Firenze e alla Fiorentina ha fatto bingo, e che spostano naturalmente e obbligatoriamente le aspettative - sempre di Firenze e della Fiorentina - di conquistare la terza finale consecutiva di Conference sulle spalle di Moise Kean.
Fiorentina, adesso ci pensa Kean
Che ce l'ha belle grosse e robuste, piantate su due gambe altrettanto potenti che gli consentono di sostenere il corpo a corpo con il marcatore diretto a difesa del pallone come nessun altro centravanti riesce a fare in Serie A, di sicuro non con l'efficacia che appartiene a lui, capace di scrollarsi di dosso chi ha l'ardire di provare a contrastarlo e poi gonfiare i muscoli in segno di trionfo più che di sfida: quella è già stata vinta. Glielo chiederà Palladino anche stasera e poi di mettere nel mirino la porta del Betis per dare forma alla rimonta: non solo a Kean lo chiederà, ovviamente, ma soprattutto a Kean, e la consapevolezza che soprattutto uno con la sua forza e la sua capacità di crearsi occasioni (a Roma ci sono volute un paio di super parate di Svilar per negargli il gol) non è certo secondaria alla richiesta del tecnico campano. E non sfugge che tutto ciò sia stato possibile solo in parte a Siviglia, per la presenza-assenza del numero 20 dopo quasi una settimana trascorsa lontano dal Viola Park per motivi familiari, dentro quarantacinque minuti disputati con grande e apprezzata generosità, però non con la testa e lo spirito ideali. Sette giorni dopo è tutto un altro discorso e Palladino, la Fiorentina e i tifosi viola lo sanno: adesso ci pensa Moise.