Niente triplete di finali, niente Breslavia, niente riscatto in Conference, la Fiorentina si è fermata davanti al Betis. Ci ha provato ma non ce l’ha fatta, i 210 minuti di questa semifinale sono stati equilibrati fino a un certo punto, gli andalusi hanno meritato la sfida al Chelsea. Alla squadra di Palladino è mancato lo spunto di Gudmundsson, che sta diventando un caso in questo finale di stagione. Aveva avuto la forza di riacciuffare la partita, era sotto di un gol e ha ripreso la partita con la doppietta su corner e di testa firmata da Robin Gosens. Ma oltre a Gudmundsson, ci sono diverse cose che non tornano: la marea di palloni persi, la difficoltà a trovare Kean (mai avuta una palla buona) e soprattutto il modo in cui ha preso il gol del 2-2, lo stesso identico gol, con la stessa identica firma di Ezzalzouli, di Siviglia. Tre passaggi, dal portiere a Ruibal che ha vinto il corpo a corpo con Comuzzo (all’andata era stato Bakambu), difesa viola sottosopra, cross di Antony (Parisi in ritardo), tocco e gol di Ezzalzouli (Pongracic in netto ritardo). I cambi di Pellegrini sono stati decisivi, quelli di Palladino in senso opposto. E ora, col rischio di restare fuori dall’Europa, la delusione è pesante. Ci vorrà lo spirito giusto per ripartire e chiudere la stagione non da sconfitti.
C’erano stati momenti e situazioni alterne in partita. Al primo minuto di recupero del primo tempo, cross di Gosens e deviazione in angolo di Sabaly. Dal Franchi si è alzato un boato, come fosse un gol e in effetti gli angoli dei viola sembravano rigori, o quasi. C’è tornato in mente uno splendido racconto di Mihajlovic: «Ai tempi della Stella Rossa, quando l’arbitro fischiava una punizione vicino all’area avversaria, tutti si abbracciavano al Marakanà». E rideva, Sinisa. Si abbracciavano perché sapevano che su punizione avrebbe segnato proprio lui. Ieri sera, a Firenze, la rimonta dei viola è arrivata con due calci d’angolo e due fantastiche testate di Robin Gosens. Così, appena la palla si avviava verso la bandierina, il Franchi non aspettava che il terzo gol. Purtroppo non è arrivato.
Il primo tempo era cominciato male per i viola. La splendida punizione di Antony poteva spingere la qualificazione verso l’Andalusia già dopo mezz’ora. Per riprendere la partita ci voleva una reazione immediata. E una reazione immediata poteva arrivare solo da una squadra presente a se stessa, una squadra che nella serata decisiva stava trovando il carattere giusto. Poteva esplodere tutto, invece la Fiorentina non ha perso coraggio e quattro minuti dopo ha pareggiato e altri otto minuti dopo è andata in vantaggio. Tre a tre il totale dei gol fra andata e ritorno. Ma il bello dei viola è finito lì. Poi sono iniziati i tormenti.
Lo sviluppo della gara ha ricordato quello dell’andata. Più tecnico il Betis (che ha concluso più dei viola: 27 tiri a 22, con una traversa e un palo), ma sempre dentro la partita la Fiorentina. Il problema per Palladino erano i troppi errori in uscita, le palle perse da Adli (anche quella che ha portato alla traversa di Cardoso), Pongracic e Comuzzo. Serviva più attenzione, più precisione, più tecnica. Nel secondo tempo il pensiero della finale ha cominciato a frenare le due squadre, le ha rese più guardinghe, così sono diminuite le occasioni e il ritmo. In quella fase meno accesa sarebbe servito alla Fiorentina lo spunto di Gudmundsson che invece, dopo aver fatto di nuovo il mediano, lontanissimo da Kean, nei primi 45', nella ripresa è quasi uscito di scena. E poi il solito problema: palle perse a raffica, da Fagioli, da Richardson, da Beltran. Davvero troppi questi errori.