Da impazzire! La faccia paonazza di Frattesi dopo il 4-3, i pantaloni, la camicia e la giacca zuppa di pioggia di Inzaghi, l’urlo, il boato di San Siro. Stava succedendo qualcosa di epico su quel campo. L’Inter in finale di Champions dopo una partita che è stata follia pura. Due a zero per l’Inter, tre a due per il Barcellona, quattro a tre per l’Inter e da qui, finalmente, non è più cambiata.
Da ringraziare i nonni, i padri che ci hanno fatto amare questo gioco folle e fantastico. Tre a tre come all’andata al 90', ma stavolta è capitato qualcosa di miracoloso. L’Inter era disfatta, stava uscendo dalla Champions perché il Barcellona nel secondo tempo l’aveva sepolta con tutta la sua tecnica. Yamal imprendibile, Raphinha a segno per il 3-2, Sommer decisivo. Cinque minuti di recupero, palo di Yamal e allora idea fulminante: Acerbi centravanti. E proprio lui, al minuto 93, ha girato in porta il cross di Dumfries. San Siro, che nei novanta minuti dalle stelle era finito all’inferno, è impazzito di nuovo. Esaltato, depresso, di nuovo esaltato. E noi con tutto lo stadio. Una partita così la può riacciuffare solo una squadra che ha un cuore gigante, un’anima di ferro, un carattere mostruoso. Fra andata e ritorno, 6-6. Eravamo già alla follia, e siamo andati oltre.
Era troppo bella questa partita perché finisse al 90'. Anche i supplementari per renderla più entusiasmante e in quei trenta minuti siamo tornati indietro di più di mezzo secolo, siamo tornati alla “partita del secolo”. Di sicuro è venuta in mente anche a Flick, ex ct della Germania. Nessuno può sapere dove l’Inter ha attinto le ultime energie, di sicuro non nelle gambe, ma nella testa sì e anche nell’urlo infinito della sua gente. E chi ne aveva di più, come Frattesi, ha piazzato il gol del 4-3.
Finché le gambe avevano retto, l’Inter aveva fatto la partita giusta, senza sbagliare mai i tempi per uscire, per portare il contropiede, per aggredire col pressing, per difendersi e anche per soffrire. Era dentro la partita, più di quanto lo fosse il Barcellona che nei primi 45 minuti era a disagio perché nemmeno tutto il suo talento, individuale e collettivo, riusciva a creare problemi seri ad Acerbi (una sicurezza su Ferran Torres) e compagni. Ma la partita dell’Inter sembrava finita lì, aveva consumato troppe energie a rincorrere e raddoppiare, a chiudere i varchi e a ripartire con tutto quello spazio davanti. È iniziato il secondo tempo ed è iniziato il suo martirio. Il Barcellona ha occupato la metà campo nerazzurra e non se n’è più andato da lì. Sono cominciati gli errori, i passaggi sbagliati, le idee annebbiate e i muscoli pesanti come il piombo. Il primo cambio di Inzaghi ha causato un vuoto tremendo nella fase difensiva: Carlos Augusto, entrato al posto di Dimarco, è andato subito in tilt con Yamal, non lo ha mai preso. I catalani danzavano intorno all’area interista e con due cross da sinistra e due conclusioni da destra hanno pareggiato il conto. Sommer, un gigante come lo era stato Lautaro Martinez, ha evitato due volte il 3-2 prima di incassare il gol di Raphinha. E poi la follia è proseguita e noi siamo impazziti perché non c’era modo di restare lucidi e tranquilli. Grazie calcio che ci regali notti come questa.