Questo scudetto così pesante ribadisce che nei grandissimi club, e la Juve lo è, le strutture contano più delle individualità. La Juve ha conquistato scudetti con Carcano e Carver, con Sarosy e Cesarini, con Vycpàlek e Trapattoni, con Lippi e Conte. E ne ha conquistato un altro ieri, con Allegri. Nel ridimensionamento che vive il nostro calcio figlio della crisi generale del Paese, la Juve ha saputo costruire un club di livello europeo mantenendo un equilibrio tra risorse e spese. Il Real che sfiderà per la finale di Champions ha pagato Bale 100 milioni di euro, ha un plurivincitore del Pallone d’Oro, Cristiano Ronaldo, una rosa costosissima. La Juve ha scommesso su Pirlo, indovinato Pogba, rigenerato Tevez. Fonda moltissimo su una difesa tutta italiana, come nella grande tradizione del club di cui si sono giovate nel tempo le nostre Nazionali, anche quelle Mondiali.
Allegri ha saputo inserirsi in questo sistema retto da Agnelli e Marotta con grande intelligenza, scegliendo il basso profilo in un’epoca dominata dal modello Mourinho. Allegri non è un personaggio, ma è un bravissimo allenatore: abile nel leggere la partita e nelle modifiche in corsa, sapiente nella gestione dei giocatori, perfetto nel rapporto con la propria società. Max, come lo chiamano gli amici, ha capito dal primo giorno cos’è la Juve. Un club che ha vinto tantissimo prima di Conte, e continuerà a vincere anche dopo Allegri.