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Rotta su Napoli-Juventus, Dybala nel tempio di Maradona

LaPresse
Argentino e mancino, geniale e sfrontato ma al modello inarrivabile si accosta con rispetto «Ringrazio Diego perché parla bene di me»

TORINO - Da Diego a Paulo è passato tanto di quel tempo ed è rotolata una valanga di storia, acqua cheta e turbolenta, la rivoluzione digitale, smartphone e televisori a tre dimensioni, un dio che ha fallito, muri crollati, scontri di civiltà. Persino la Juventus in Serie B, il Napoli perduto in quel calcio che bisogna andare a cercare invece di trovarselo apparecchiato su tutti i giornali e di lì risalito fino alla Champions League. C’è stata l’epoca di Maradona al San Paolo, seconda metà degli anni ottanta più l’inizio dei novanta, giorni in cui si passava da Barcellona per arrivare all’Italia e non il contrario. Non è ancora e supponiamo non sarà mai l’epoca di Dybala in quella città orgogliosa e che sa stare in piedi per quanto colpita che è Napoli. Dybala è un idolo giovane e non ha ancora il suo tempio, però ha la sua nicchia allo Stadium torinese, dove ha segnato con la mancanza di scrupoli di un serpente corallo a chiunque, alla Roma, anche al Napoli due volte e non più tardi del 28 febbraio scorso, nell’andata della semifinale in Coppa Italia. E ha segnato al Sassuolo, episodio da citare perché è il gol che lui stesso considera il migliore, il più lieve e geniale, un’iperbole lanciata con un movimento del piede sinistro che se fosse stato tracciato da una mano sarebbe risultato un gesto di sublime noncuranza.

FRUTTI - Adesso Dybala esce dalla nicchia ed entra in un tempio vero, calpesta terreno sacro agli appassionati del Napoli e del calcio tutto, sotto tribune che tanta storia fa venivano coperte da parrucche scure e attorcigliate a imitazione dei capelli di Maradona. E’ già passato di là tre volte, due con il Palermo, una con la Juventus, e non ci ha mai segnato, come se il fato pretendesse rispetto per il luogo. (...)

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