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Allegri, le sette mosse che hanno steso l'Atletico

ANSA

Dentro l’impresa con l’Atletico Madrid il tecnico della Juve ha messo tutto: l’espressione moderna del calcio italiano

Il mix di Max. Non è solo un titolo. Rappresenta la sintesi dell’Allegrismo perché il suo calcio non può essere e non sarà mai una religione monoteista. Non esiste un solo modo di vincere una partita, di difendere o di attaccare. Le strade per arrivare al successo sono infinite e cambiano ogni volta. Ecco la lezione da seguire. Non è teoria. Si chiama pragmatismo applicato alla qualità dei colpi di Ronaldo e di tutti gli altri campioni. Non potevano essere il ko del Wanda Metropolitano e la possibile eliminazione a ridimensionarne lo spessore o decretarne il fallimento. Allegri ora continuerà a lavorare con l’idea di raggiungere la finale di Madrid prima di concedersi (in qualsiasi caso) alla famiglia e al mare di Livorno. Il tecnico della Juve, non da martedì ma da quando allena a certi livelli, rappresenta il manifesto e l’evoluzione nell’espressione più elegante e moderna del calcio all’italiana. Entra nella scia di Trapattoni, Capello, Lippi, Ancelotti, non a caso i più vincenti sotto forma di titoli e medaglie. [...]

1) LA PREPARAZIONE

Bottiglia riempita in venti giorni. L’ultimo sorso, tanto per rubare la metafora ad Allegri, fotografato in un frame durante il canonico quarto d’ora concesso dall’Uefa ai media lunedì pomeriggio per la rifinitura alla Continassa. Lo staff tecnico, dopo un breve riscaldamento, ha piazzato i paletti per terra. I bianconeri scattavano a ripetizione. Resistenza alla velocità. Di solito quel tipo di allenamento lo vedi all’inizio di una settimana di lavoro atletico, non a ridosso di una partita. Max voleva risposte certe dai suoi giocatori, compreso Douglas Costa, non ancora a posto con il polpaccio. Chiudeva un ciclo di ricondizionamento lungo tre settimane, pensato la notte del 20 febbraio, quando la Juve era apparsa esausta, senza nerbo e reattività, sul campo del Wanda Metropolitano. Max, giorno dopo giorno, un sorso alla volta, voleva riempire la bottiglia. [...]

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