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Juve, senti Sarri: "Voglio l'Italia. La tuta? La toglierei"

Il tecnico del Chelsea, intervistato da Vanity Fair: "Il richiamo di casa è forte. Senti che manca qualcosa. È stato un anno pesante. Il look? Se la società mi imponesse di andar vestito in altro modo, dovrei accettare"

Dal sarrismo alla vittoria a tutti i costi: "Le sconfitte mi segnano più delle vittorie"

Il tecnico ex Napoli torna poi sul termine "Sarrismo", introdotto dalla Treccani come neologismo nella concezione del calcio: "È un modo di giocare a calcio e basta. Nasce dagli schiaffi presi. L’evoluzione è figlia delle sconfitte. Non solo nel calcio. Io dopo una vittoria non so gioire. Chi vince, resta fermo nelle sue convinzioni. Una sconfitta mi segna dentro più a lungo, mi rende critico, mi sposta un passo avanti. Mio nipote mi fa leggere la pagina facebook Sarrismo e Rivoluzione. Si divertono, io sono anti-social, non ho nemmeno whatsapp". Il valzer delle panchine nel nostro campionato, secondo il tecnico è dovuto alla rincorsa a tutti costi del successo: "Un’estremizzazione che annebbia le menti dei tifosi e di alcuni dirigenti, cosa che mi preoccupa di più. È sport, non ha senso. Non si può essere scontenti di un secondo posto".

"Il divertimento deve essere collettivo, altrimenti dopo 5 minuti ti annoi"

Sarri alla Juve troverebbe uno dei calciatori più forti in circolazione, Cristiano Ronaldo. "Esistono squadre medie di grandi giocatori o grandi squadre di giocatori medi. Io lavoro su questo. Il fuoriclasse è quello a disposizione della squadra, altrimenti è solo un bravo giocatore. Siamo pieni di palleggiatori fenomenali. Pure ai semafori. Il divertimento è contagioso se collettivo. Se ti diverti da solo, in 5 minuti arriva la noia".

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SARRI È SEMPRE PIÙ VICINO ALLA JUVE, ORA SI CORRE 

"Sono disposto a togliere la tuta. Superstizioni? Quando cominci a vincere finiscono"

Il tecnico toscano ha poi concluso con una battuta sulla sua ormai famosa tuta: "Se la società mi imponesse di andar vestito in altro modo, dovrei accettare. A me fanno tenerezza i giovani colleghi del campionato Primavera che portano la cravatta su campi improponibili. Mi fanno tristezza, sinceramente". Poi sulle sue scaramanzie: "Ne ho meno di quelle che mi attribuiscono. Ho smesso di vestire solo di nero. Mi è rimasta l’abitudine di non mettere piede in campo, dentro le linee dico, finché la partita non è finita. Prima o poi abbandonerò pure questa: già in certi stadi le panchine son dalla parte opposta degli spogliatoi e il prato devo calpestarlo per forza. Quando cominci a vincere, le scaramanzie finiscono".

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