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Sarri, tensione con la Juve: ecco le sue 4 richieste

Il tecnico aveva chiesto a Paratici di consegnargli una rosa di 22-23 giocatori e ora non farà compromessi. Nessun contentino a Emre Can e Mandzukic, giocheranno solo se strettamente necessario

A 60 anni non può cambiare, la Juve lo sa. Se proprio fosse possibile, neanche ne avrebbe voglia: Maurizio Sarri si piace così. Per lui non è difficile essere Sarri, sono gli altri che rendono complicato il teorema fatto di pane e pallone, schemi anche in famiglia, sigarette malgrado la polmonite. Il resto è un optional, eppure gli pesa maledettamente essere considerato il risolutore di problemi che non dovrebbero essere suoi.

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Cosa chiede Sarri alla Juve

La scelta di Agnelli e Paratici è stata così convinta che ha tenuto conto delle spigolature di Maurizio. Sarri chiede alla Juve almeno quattro cose. La più importante: autonomia nelle scelte, quelle che dovrebbe avere qualsiasi allenatore e su questo non ci piove. La più logica: comprensione nell’innesto di un progetto tattico completamente diverso rispetto a quello del suo predecessore (Allegri) che ha vinto tutto. La più delicata: evitargli la gestione delle situazioni più scabrose che prescindano dal campo, non è la specialità della casa. La più complicata: arrivare a gennaio con la necessità di dare uno zuccherino a Emre Can e Mandzukic semplicemente perché non sono stati inseriti nella lista Champions. Lo zuccherino non lo avranno, dal punto di vista di Sarri sarebbe come darsi una martellata sui santissimi. I due tagli giocheranno soltanto se sarà strettamente necessario, non per risarcimento morale. E questo è un passaggio decisivo per una stagione che la Juve pretende memorabile. Da oggi a gennaio sono quattro mesi abbondanti. Pochi? Troppi quando urge gestire gente che si sente titolare: è il passaggio che indirizzerà la stagione.

Cosa Sarri non darà alla Juve

Il compromesso non esiste nel suo vocabolario. Per Sarri non c’è il grigio, colore insignificante: bianco o nero, la Juve spera che sia bianconero tutto d’un fiato, l’estasi. Conoscendolo sarà rimasto basito per le parole di Emre Can («la telefonata con l’allenatore è durata un minuto, il club mi aveva dato garanzie...») semplicemente perché lui aveva chiesto al club di risolvere il problema già alla fine del mercato inglese. E quella richiesta aveva più importanza di un eventuale altro acquisto: per Sarri mangiar bene non significa accomodarsi a tavola a trangugiare tre primi, ne basta uno ben cucinato, digeribile e che soprattutto faccia bene alla salute. Fuori metafora, il confronto ricco di pepe e di sale con Paratici aveva questo significato: non mettermi nelle condizioni di fare ciò che non mi appartiene perché non sono capace, provvedi agli esuberi per tempo e lasciamene 22 o 23, sarei contento così. Non era una critica al club o un assalto alla diligenza, ma più semplicemente il riconoscimento di alcuni suoi limiti. Se vuoi Sarri diplomatico, psicologo oppure chissà cosa, impieghi male i tuoi giorni e corri il rischio di aspettare in eterno. Il tempo non ha consentito di smaltire i posti su un autobus troppo affollato e lui passa per il tagliatore di teste che non è. Emre Can e Mandzukic non appartengono al suo dna per una questione di passo (il tedesco-turco) e di specificità nel ruolo (Mario mai potrà essere il centravanti preferito e neanche il suo esterno perché non va negli spazi e non sgomma, infatti il titolare è Douglas Costa). Le sue decisioni mai saranno vendicative, piuttosto nel rispetto della miglior Juve possibile.

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