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Un nuovo miracolo italiano in Champions

Ci sta andando di lusso: abbiamo portato due squadre (forse tre, lo sapremo oggi) agli ottavi di Champions; due, forse tre, italiane tra le prime sedici d’Europa, una delle quali è testa di serie, vi rendete conto? Non a caso nevica.

Due (forse tre) espressioni di un campionato considerato ormai il quarto del continente per importanza e conti in regola. Lo precedono Premier, Liga e Bundesliga. Due (forse tre) espressioni di un campionato che in questo momento vede la sua società più prestigiosa, amata e vincente, la Juventus, alle prese non con una, bensì con due inchieste delle procure dello Stato e federali che le stanno creando imbarazzi, inquietudini e danno d’immagine: con un documento ufficiale, la proprietà ha addirittura ammesso di temere per la continuità aziendale.

Due (forse tre) espressioni di una lega i cui campioni - azionisti a Nanchino, ovviamente in notevoli difficoltà finanziarie - hanno dovuto vendere i pezzi pregiati per garantire l’operatività fino a giugno. Due (forse tre) espressioni di un campionato in cui il presidente di un club tra i più nobili, la Sampdoria, è stato appena arrestato con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Due (forse tre) espressioni di un campionato in cui una neopromossa, la Salernitana, è obbligata a cambiare padrone entro la fine di questo mese, pena l’esclusione dal torneo.

Due (forse tre) espressioni di un calcio che rischia di saltare di nuovo i Mondiali. Due (forse tre) espressioni di un campionato in cui si è giocatori impiegabili soltanto dai vent’anni in su, rare - e gonfiate per disperazione, o necessità, dai media - le eccezioni. E dove gli over 35, 36, 37 e oltre continuano a fare la differenza, salvo poi sparire dal campo non appena l’asticella si alza. Due (forse tre) espressioni del calcio di un Paese che favorisce fiscalmente gli stranieri e penalizza i suoi. E dove si moltiplicano missioni culturali e battaglie perse in partenza per la valorizzazione dei vivai. Degli altri.

Due (forse tre) espressioni di un campionato in cui si parla troppo spesso di allenatori e pochissimo di talenti: pensate, da noi prevale la figura di chi il pallone non lo tocca da anni. Due (forse tre) espressioni di un campionato di autentici benefattori che negli ultimi tempi hanno dato Alisson e Salah al Liverpool, Lukaku, Jorginho, Rüdiger e Alonso al Chelsea, Marquinhos, Thiago Silva, Cavani, Verratti, Paredes, Hakimi e Icardi al Psg, Bruno Fernandes allo United, da poco raggiunto da Ronaldo, Cancelo al City, Coman al Bayern e potrei proseguire per una settimana.

Due (forse tre) espressioni di un calcio in cui è impossibile pensarsi sistema: molto più semplice litigare su tutto e cambiare improvvisamente posizione, bandiera e idea per urgenze personali. Due (forse tre, forza Dea) espressioni di un calcio - pensiamo a quello giocato - che dopo gli Europei sembra aver tafazzianamente rinunciato a vedersi bello, come nuovo, ispirato da un’energia e un’intelligenza insolite.

Non ditemi che seguendo Milan e Inter contro Liverpool e Real non vi siete considerati parenti poveri. Penso in particolare ai rossoneri, primi in Italia e esclusi anche dall’Europa League. Perché sentirsi appena al di sopra dello Sheriff, del Porto, del Borussia, della Dinamo Kiev? Ebbene, nonostante tutte le disfunzioni, i disagi e i casini che ho sommariamente elencato, siamo stati capaci di confermare due, forse tre, presenze nella coppa che conta. Il calcio fa miracoli e noi a quelli ci possiamo affidare. O al bus de cul, come insegna il maestro Sacchi.

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