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A gennaio è già scudetto senza Juve

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A gennaio è già scudetto senza Juve LAPRESSE
Leggi il commento sulla lotta in testa alla classifica

Problema è troppo; pagliuzza, troppo poco. E allora, occhio a snobbarne le tracce. Siamo appena a gennaio e la Juventus è già fuori dal giro scudetto. In ballo non restano che il Napoli del «fu» Khvicha Kvaratskhelia, agli «arresti» domiciliari e, dunque, agevolato da un calendario che più liscio non si può; l’Inter, grande favorita; e a debita distanza, stordita dalla zuccata di Romelu Lukaku, l’Atalanta. Proprio lei, la Dea. Come l’Inter, attiva su ogni fronte: campionato, Europa, Coppa Italia. 

Con la Vecchia di mezzo, sarebbe facile indicare la direzione degli errori arbitrali e/o arbitrari; sarebbe uno spasso entrare nei bordelli che il Var cerca di «chiudere» alle moviole dei bar. E viceversa. Ma senza? Certo, si grufola nella zona Champions sperando che qualche scorta accechi e storni la curiosità morbosa di logge e loggioni. Però, con tutto il rispetto: mica vorrete mettere le zuffe scatenate dalla Spectre sabauda con i falò che fanno tanto campeggi da boy scout. 

Prendete Inter-Bologna 2-2, quella di «Pairetto o scherzetto». Un contatto sul filo del filo tra Lukasz Skorupski e Marcus Thuram e il burrascoso kamasutra che, agli sgoccioli degli sgoccioli, coinvolse Lewis Ferguson e Davide Frattesi. Al diavolo la norma del vantaggio. Fallo dell’interista. Un po’ di vaffa, ma zero processi. A scrivere che, sfavorendo l’Inter per favorire il Bologna, si è dato un calcetto nel sedere alla Juventus, in piena euro-lotta con la squadra di Vincenzo Italiano, si rischia la scomunica. La Marotta League viene evocata ed esecrata a fischi alterni, con il pudore che lo status presidenziale dell’ex cacicco juventino suscita e diffonde. 
Il Napoli di Conte Dracula assiste. Dal rigorino «pro» di Empoli al rigorino «contro» del Meazza nerazzurro. Per tacere dell’ammonizione bergamasca di David Neres. Non si dorme, all’ombra dei social. Si screma, si riesuma, si confronta. Informati sui fatti, aggrappati al celeberrimo motto latino della virgola mobile: «ibis, redibis, non morieris in bello» (andrai, ritornerai, non morirai in guerra), oppure «ibis, redibis non, morieris in bello» (andrai, non ritornerai, morirai in guerra). Benedette, maledette Sibille. 

Le virgole. I dettagli. Gli episodi. C’è poi l’Atalanta del Gasp. Che cara e che dolce, quando pascolava ai piedi del Palazzo, modernista e idealista. Una fatina in un consesso di orchi. Bei tempi. Le sviolinate si sprecano non meno dei rapporti maliziosi che, dalle undici vittorie consecutive alla caduta di sabato scorso, ne hanno accompagnato e sondato gli appetiti di potere (bum). Ah, il gol tolto al Monza. Ah, i rigori non dati a Udinese e Cagliari. Ah, la gomitata di Sead Kolasinac a Weston McKennie (manco un giallo: dov’eri, Doveri?). Perfidi che non siete altro. 

A Lissone, la nostra Nasa, si scruta e si opera: se alle «suorine sempre in chiesa ma spesso incinte» levi i «ladri», non c’è più gusto. Da Appiano a Castel Volturno a Zingonia l’allerta rimane massima. Comunque. I santi servono in area, non in paradiso. E abbasso i sensi di colpa. Titolo: ieri, Moggi, domani. Colonna sonora: una Caressa in un pugno, canta Lele Adani. 

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