La notizia di ieri non è una sorpresa: Tether ha acquistato un altro pacchetto azionario della Juventus diventandone il secondo azionista. Lo ha reso noto la stessa società di asset digitali in un lungo comunicato. Tether sale così “oltre il 10,12% del capitale sociale emesso” che le consente di esercitare il 6,18% dei diritti di voto. L’operazione, realizzata il 15 aprile (si legge) lascia invariata la quota di Exor: il 65,4% del capitale con il 78,9% dei diritti di voto in virtù di una modifica statutaria che introdusse tre anni fa le azioni a voto plurimo per gli azionisti storici. Tether ha rastrellato direttamente dal mercato (cioè dal flottante, sceso ora al 15%), superando la società di investimento Lindsell Train che ha l’8,7%.
Tether è una stablecoin, cioè un asset digitale stabilizzato da meccanismi di ancoraggio a valute reali come il dollaro o l’euro, oppure materie prime come l’oro. La stabilità del suo valore ne fa uno strumento meno volatile delle crypto classiche, quindi più adatto a essere utilizzato come sistema di pagamento. Anche se in passato il mondo delle stablecoin ha vissuto momenti di grande turbolenza con fallimenti a catena, soprattutto nel 2022, la recente vittoria di Trump ha rilanciato in maniera poderosa tutto l’ecosistema e la stessa Tether ha dichiarato utili sensazionali: 14 miliardi nel 2024, sebbene i ricavi di un asset digitale non provengano di solito da vendite di prodotti o servizi, ma prevalentemente da rivalutazioni finanziarie. Sembra ovvio che Tether disponga di ingente liquidità, tanto da ammassare una quota della Juve che vale – ai prezzi attuali – 115 milioni.
Nel comunicato si parla di “impegno a lungo termine di Tether per il futuro della Juventus” e dell’inizio “di quella che si prevede sarà una partnership profonda e reciprocamente vantaggiosa”.
Inoltre, la piattaforma annuncia la sua disponibilità “a partecipare a eventuali future ricapitalizzazioni” definendosi “entusiasta di collaborare strettamente con la leadership e gli stakeholder della Juventus per supportare il Club nell’attuazione della sua visione strategica e nell’accelerazione della crescita, sia dal punto di vista sportivo che commerciale, esplorando” (sic!) “anche la formazione di un CdA integrato e unificato”.
Insomma, decodificando la sintassi farraginosa: siamo desiderosi di collaborare, vogliamo entrare nel CdA e siamo pronti a mettere altri soldi per finanziare il club.
È una proposta di matrimonio in piena regola, con dichiarazione di intenzioni serie, ma non sappiamo ancora se Tether sia un partito che alla famiglia della sposa, in questo caso Exor, potrebbe piacere. L’ecosistema delle crypto resta piuttosto chiacchierato anche se le inchieste aperte in passato negli USA su Tether non hanno rilevato gravi irregolarità e con l’atteggiamento della nuova amministrazione USA sarà più morbido. Dalla Juve (come da Exor) nessun commento, come è normale che sia.
Pare certo che la presenza di Tether nell’azionariato non sia destinata a rimanere silente. Il comunicato trasmette un desiderio di visibilità e una volontà di attivismo che potrebbero anche fare comodo a Exor, qualora decidesse di disimpegnarsi (cosa che ha sempre seccamente smentito) ma che potrebbe suscitarle qualche imbarazzo se la holding prevedesse invece di tenere a lungo il club nel suo portafoglio.
Il blitz di Tether potrebbe risultare funzionale a un delisting della Juve perché il flottante (sceso ora al 15%) potrebbe finire sotto la soglia minima fissata al 10% nel segmento di borsa Euronext Growth, in cui sono quotate le azioni del club. Potrebbe accadere con l’aumento di capitale riservato a Exor e già deliberato dal CdA, il cui importo sarà determinato a giugno. Se così fosse, tra Exor e Tether potrebbe nascere una singolare convergenza di interessi.