Buongiorno Reja. Ha nostalgia della panchina?
«Dopo cinquant’anni in campo non è facile, l’abitudine era quella, ogni tanto viene voglia di ritornare, manca l’adrenalina, ma ora conduco una vita serena, la cercavo».
Il suo nome è stato accostato al Palermo.
«Sono stato accostato a diverse squadre, di veramente concreto c’è poco. Solo voci».
Quanto manca la Lazio?
«Mi ero abituato a Roma, a Formello, ai rapporti, alle persone che mi hanno circondato di affetto. Un pochino manca. Ma il tempo passa, bisogna farsene una ragione».
Ci sono dei rimpianti per l’addio di giugno?
«E’ difficile dirlo, mi ero trovato bene, ho avuto tante manifestazioni di affetto anche all’interno della società, ci sono stati dei riconoscimenti. A parte i risultati, le cose dal punto di vista umano sono quelle che rimangono e fanno piacere».
I tifosi della Lazio stanno tornando all’Olimpico dopo qualche mese di lontananza.
«Ho vissuto la parte più difficile della storia recente della Lazio. Era un momento particolare, di tensione e di difficoltà senza precedenti. Vedere lo stadio vuoto non mi faceva piacere. Il rimpianto più grande è non essere arrivati in Europa. Avrei avuto l’entusiasmo per continuare. E sarebbe stato bello, considerando la rosa adeguata che è stata costruita».
Quando è andato via, la campagna acquisti era a buon punto.
«Come avevo detto, indipendentemente dal risultato, Lotito voleva rifare la squadra. Le operazioni sono state mirate nei ruoli dove esistevano carenze o per aggiungere spessore alle qualità che c’erano. Gli obiettivi sono stati centrati. Servivano giocatori di livello, pronti a inserirsi, così è stato. De Vrij è l’unico giovane, ma ha già esperienza. Gli altri sono tutti affermati. Questo era il programma che avevamo stabilito con Tare e Lotito, gli accordi erano quelli, le promesse sono state mantenute».
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