Ciro Immobile è più sorprendente dei suoi trentasei gol. Ha finalmente se stesso in pugno, è un uomo consapevole, maturo, risolto. Affronta tutti i temi, risponde a ogni domanda senza la minima incertezza, non ha paura di sbagliare porta. Il non detto non lo contempla. Alcune valutazioni prendono forma con grazia e inattesa profondità. L’inflessione napoletana, che i rapidi passaggi da Dortmund e Siviglia e i quattro anni alla Lazio non hanno neppure sfiorato, aggiunge e non toglie, fa simpatia immediata. La Scarpa d’oro è una vertigine e un’impennata. «Pazzesco, io davanti a Ronaldo e Lewandowski, se rileggo l’albo d’oro al contrario quasi non ci credo: Messi Messi Suàrez Ronaldo Ronaldo Messi Messi Ronaldo Messi».
E Forlàn.
«Ho spezzato un incantesimo, interrotto il duetto Leo-Cristiano. Per questo ho ringraziato la squadra, era il minimo che potessi fare».
Nessun rimpianto per i rigori lasciati ai compagni? Un altro gol e saresti entrato da solo nella storia del calcio italiano.
«No, nessuno. Ho fatto quello che andava fatto. Se non mi fossi comportato così non avrei raggiunto la cifra record. Lo spogliatoio, i suoi equilibri prevalgono sul resto. Sono fili sottilissimi e non devono essere mai spezzati. Il calcio è un gioco collettivo, nel corso di una stagione sono tanti i momenti in cui si ha bisogno dei compagni, del passaggio in più, del pallone servito nel punto giusto e al momento giusto. Il buon gruppo ha un’ottima memoria».
Alla soddisfazione personale si accompagna però la delusione di squadra: avete sprecato un’occasione probabilmente irripetibile.
«Ne siamo consapevoli, prima del lockdown eravamo a un solo punto dalla Juve e, soprattutto, mentalmente a mille. Le partite le vincevamo prima ancora di giocarle. La sospensione ci ha danneggiato, è stata gestita male, pur se abbiamo tentato di fare le cose al meglio».
In effetti, a differenza della Juve e dell’Inter, siete sempre stati sul pezzo, bloccati a Roma.
«Per qualcuno non è stato un bene, ammetto di averlo pensato. In particolare per gli stranieri: tre mesi lontani dalle famiglie, per combattere la solitudine condividevano il tempo, gli spazi, ma non è la stessa cosa. La nostra ripartenza è stata pessima, la partita che ha provocato i guasti maggiori, quella di Bergamo. L’abbiamo persa nonostante il doppio vantaggio, ci siamo ritrovati con un pugno di mosche in mano. È stata vissuta come la chiusura del ciclo più brillante che era cominciato proprio con la rimonta sull’Atalanta, il 3 a 3 della svolta».
Quella delle accuse di Gasperini. Ti diede del simulatore.
«L’ennesima cazzata su di me. Due rigori netti. Gasperini deve avercela con la Lazio, noi giocatori ce lo siamo detti tante volte: vincendo puoi andare a tre punti dalla Juve eppure dichiari che l’unica cosa che ti interessa è finire davanti a noi. La Lazio non gli piace proprio. Penso che non gli sia ancora andata giù la sconfitta nella finale di coppa Italia».
Sei a un passo dal rinnovo.
«Sto aspettando che mi chiamino. Ho intenzione di legarmi per sempre alla Lazio».
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