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Immobile: “Mito Trezeguet. Il record di gol il mio Pallone d’Oro”

L’attaccante della Lazio, ai microfoni di France Football, parla delle tante reti segnate nell'ultima stagione: “Fantastico vedere il mio nome insieme a quelli di Messi e Ronaldo”

ROMA - Ciro Immobile si gode ancora i successi della sua ultima stagione. Capocannoniere d’Italia e d’Europa, con la grande annata alla Lazio è riuscito a vincere la Scarpa d’Oro. Nessuno nel Vecchio Continente ha fatto meglio. L’attaccante biancoceleste, ai microfoni di France Football, ha raccontato con orgoglio: “Guardo la lista dei nomi che hanno vinto la Scarpa d’Oro, leggo sempre Messi e Ronaldo, oltre a Luis Suarez. Vedermi al loro fianco è semplicemente fantastico. Senza il Pallone d’Oro, quest’anno non assegnato, la Scarpa d’Oro ha un valore aggiunto. Certo, sono due cose diverse. Ma ho battuto Lewandowski, che quest’anno era un potenziale Pallone d’Oro. Parliamo di un trofeo molto significativo per i marcatori”.

I modelli di Immobile 

Mi piace citare David Trezeguet, con cui ho lavorato alla Juve. Mi ha lasciato un’impressione incredibile, in area non ho mai visto uno come lui. Aveva coordinazione e tecnica per segnare su qualsiasi tipo di cross con qualunque parte del corpo. E poi ricordo Vieri in Nazionale, Pippo Inzaghi in Champions League, Toni e Gilardino ai Mondiali del 2006. Ho iniziato a capire il calcio con questi ragazzi. In Italia abbiamo avuto tanti grandi attaccanti”.

Le esperienze all’estero

“In Germania avrei potuto fare di meglio, ma è stata un'esperienza sfortunata, l'ultima di Jürgen Klopp al Borussia Dortmund. La squadra stava andando male e ne ho risentito anche io. In Spagna non ho mai avuto l'opportunità di esprimere il mio potenziale, ero sempre in panchina anche quando meritavo di giocare. Ho passato un periodo difficile con Emery. Gli italiani all’estero? Marco Verratti, che è un leader al PSG per quello che ha dato alla società e per come lo vedono, è un po un'eccezione. Altri italiani, me compreso, hanno avuto difficoltà all'estero. Non so spiegare il perché. Probabilmente ci adattiamo meno, abbiamo bisogno di più tempo. Zeman? Mi faceva i complimenti: ‘Ma come fai a giocare e ad attaccare con questa forza?’. E non è stato l'unico!".

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