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Lazio, la doppia identità

Il commento di Stefano Chioffi sul deludente debutto in campionato della squadra di Sarri

ROMA - La Lazio ricomincia dalle sue vecchie contraddizioni: a Lecce paga ancora quell’anarchia che le era costata errori e rimpianti anche in passato. È sparita dalla scena nel momento cruciale della partita. Distratta e superficiale. Ha staccato la spina nel giro di due minuti, quando ha pensato con arroganza e presunzione di avere la vittoria in banca. Una sconfitta che la riporta dentro una realtà che è carta vetrata: una lezione da memorizzare anche in vista della Champions. La Lazio si è illusa. Si è specchiata, ha pensato di proteggere l’1-0, trasformando così i suoi pregi in difetti. E il Lecce le ha presentato il conto.

È stata la fotocopia della gara di un anno fa. La squadra di Sarri è stata ribaltata come all’inizio di gennaio. Doppia identità: un gruppo bello e concentrato, oppure fragile e senza logica. È la Lazio degli opposti. Eppure la notte di Lecce sembrava baciata dalle stelle. Quando Luis Alberto ha deciso di usare il violino, i biancocelesti hanno cambiato direzione al match. Assist delizioso e gol di Immobile: un classico. Dopo un’estate con qualche mal di pancia, tra offerte della Saudi League e litigi con Lotito per il nuovo contratto, lo spagnolo si era presentato a Lecce come un artista vero.

La Lazio delle incoerenze

Una bellezza che è svanita durante l’intervallo. Già, perché la Lazio è tornata in campo con i bermuda e i sandali. Ha pensato di stare in spiaggia e di poter addomesticare la sfida, rallentando il ritmo e l’intensità. Risultato? La cilindrata è diminuita e la squadra ha iniziato a sbandare. Felipe Anderson ha sprecato il raddoppio e Immobile ha colpito una traversa. Solo zucchero sfilato. La Lazio si è accomodata sul divano. Non è riuscita a percepire rischi e pericoli. E così, nello spazio di due minuti, è affogata nel suo atteggiamento e nella sua irrazionalità. Almqvist e Di Francesco l’hanno fatta risalire sull’aereo per Roma con zero punti e un consiglio spietato: quello di cancellare in fretta le feste per il secondo posto e i 74 punti di un anno fa, perché il passato non concede medaglie e bonus.

Un comportamento che meriterà analisi approfondite, questi black-out sono diventati quasi una regola. Quando la Lazio è uscita dal binario, neppure Sarri è riuscito a correggerla. Si è fatta trascinare dalle onde di una gara interpretata in modo sbagliato, con leggerezza. È la Lazio delle incoerenze. In avvio si era mossa con ordine: distanze giuste tra i reparti, gestione del pallone, la ricerca del corridoio. Aveva letto con maturità l’approccio, quando nei primi venti minuti il Lecce ha cercato di creare una ragnatela intorno a Luis Alberto e a Kamada, nel tentativo di obbligare la squadra di Sarri ad appoggiarsi in fase di costruzione solo su Cataldi. Non era stata appariscente e brillante, ma il motore funzionava. Aveva disegnato la partita senza snaturare il suo stile, in attesa di fare bingo con Luis Alberto e Immobile. Kamada era piaciuto per intensità e applicazione. Il giapponese ha lavorato anche in copertura, ha giocato spesso a un tocco, si è proposto negli inserimenti. Dinamismo, sostanza e un paio di entrate in scivolata, prima di lasciare il posto a Vecino. Sembrava la serata perfetta. Ma l’altra Lazio, quella degli enigmi e dei lati oscuri, stava per riapparire. “Un comportamento inaccettabile”, come ha sottolineato Sarri. Un vuoto di personalità. Ora la soluzione va trovata.

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