Buon Var a tutti, meno che alla Lazio. Se non esistesse, così la pensano molti laziali, sarebbe lo stesso ripensando ai non interventi che si sono verificati da quando è attiva. Il Var e la Lazio, è stato un amore a prima svista. A Formello e in tutto il mondo biancoceleste ridono poco perché agli occhi del Var la Lazio non è proprio vista, senza tirare troppo per le lunghe le battute ironiche. Già prima di martedì e del caso Arnautovic è diventata virale la classifica pubblicata dal sito sportface.it secondo cui la Lazio è la squadra che quest’anno ha usufruito di meno interventi Var a favore in campionato: zero. Al contrario è prima per episodi contro (7). La doppia classifica non è sfuggita a Baroni, ne ha fatto un riferimento velato a San Siro.
Lazio, il dossier è ampio
Il Var è una ruota. Oggi a me, domani a te. Vale di meno per i biancocelesti, i casi contestati sono in continuo aggiornamento. C’è tutta o quasi la casistica pensabile e immaginabile negli episodi più eclatanti che hanno coinvolto la Lazio: colpi proibiti, palloni usciti, gol annullati, gol concessi. Rianalizzando il caso Arnautovic («gol regolare», dice l’AIA) ci si dimentica che prima del tiro scoccato con Mandas impallato da De Vrij c’era stata una trattenuta di Dumfries su Rovella. Sette episodi con quello di martedì, da agosto a oggi. Il caso più fresco prima di San Siro era esploso a Parma ad inizio dicembre, coinvolgeva sempre Rovella. Fu annullato un suo golazo e per l’ennesima volta le posizioni della società e dell’AIA si contrapposero. Tutto girava attorno a Keita: «Entra in possesso del pallone prima che riparta l’azione del gol», la versione della Lazio. Fu differente l’interpretazione dell’APP (attacking possession phase), la fase di gioco che inizia dal momento in cui la squadra attacca ed è la parentesi temporale che il Var può analizzare. Per la Lazio il tocco di Keita fece nascere un’altra azione rispetto a quella che era iniziata con il contatto (mano sulla faccia) di Rovella ad Haj del Parma. Di Fiorentina-Lazio non s’è smesso mai di parlare: Nuno Tavares e lo Step on Foot a Dodo sulla linea di fondo, in area viola. Abisso, al Var, chiamò l’OFR. L’arbitro era Marcenaro. Baroni esplose quel giorno: «Rigore inesistente». Rigore da protocollo, ammise il designatore Rocchi facendo intendere che in passato non sarebbe mai stato dato. Ancora Fiorentina-Lazio, ancora prima, ancora Dodo: tocco di braccio in area con Zaccagni davanti alla porta. «Prima di testa», il verdetto Var. Juve-Lazio, arbitro Sacchi, Var Di Paolo. Gli uomini che valutarono il colpo di Douglas Luiz a Patric prima dell’autogol di Gila: «Fortuito». Rocchi il giorno dopo bocciò la decisione: «Sicuramente il colpo non è fortuito e sicuramente a noi non piacciono certi comportamenti. Se fosse stato espulso questo calciatore, già in campo, nessuno avrebbe detto niente». Un caso era scoppiato a Udine, si torna alle proteste per il gol di Lucca. Doppia svista del guardalinee Garzelli: giudicò in fuorigioco Payero (era allineato a Romagnoli) ma soprattutto alzò la bandierina. L’arbitro Doveri fischiò solo dopo che il pallone entrò in rete. Ancora dopo, in Lazio-Milan, un fallo di mano di Terracciano fu giudicato da Massa come autogiocata e non come rigore.
Lazio, un Var al contrario
Restano nella storia i torti di Lazio-Torino del 2017-18: fallo di mano di Iago Falque, testata di Burdisso ed espulsione clamorosa di Immobile. Tutto deciso col Var. E ancora il gol di mano di Cutrone nel gennaio 2018 (Milan-Lazio), non c’erano le immagini. E ancora l’arbitro Di Bello in Lazio-Milan (mancato rigore su Castellanos) e Mazzoleni Var di Lazio-Juve (rigore negato a Zaccagni, trattenuta di Bremer): due episodi del marzo scorso. Il diesse Fabiani, ad ottobre, dopo il caso Douglas Luiz-Patric, era arrivato a dire “aboliamo il Var, non c’è uniformità”. A San Siro c’era Lotito martedì sera, da sempre convinto che tutto congiura contro di lui. Altri colpi di mano, politici.