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Zaccagni e l’eredità  del Mago

Leggi il commento sul capitano della Lazio, convocato in Nazionale da Spalletti

Luis Alberto era un artista solitario. Sapeva colorare le partite, ma aveva comportamenti che dividevano. Faticava a ragionare da capitano, pretendeva sempre una centralità, i suoi problemi venivano prima di quelli della Lazio. Contestava le sostituzioni e spediva il certificato medico quando una trattativa per il rinnovo del contratto faceva registrare qualche frenata. Ha vinto una Coppa Italia e due Supercoppe. Ha lasciato una sontuosa raccolta di 52 gol e 79 assist. Ma una fascia al braccio non può essere legittimata solo dal talento e da una questione di anzianità. Quando mancava Immobile, Luis Alberto riusciva poche volte a interpretare il doppio ruolo di prestigiatore e leader totale. Zaccagni ha trasferito maturità a questa Lazio, che si è qualificata per i quarti di Europa League e lotta per un posto in Champions. Non parla mai al singolare. Rispetta la sacralità del gruppo. Ha una visione collettiva. Capisce i momenti e le situazioni. È un riferimento per gli altri. I suoi pensieri sono efficaci e diretti: messaggi che la squadra riconosce e assorbe. Dietro la crescita mentale della Lazio c’è anche la personalità di questo attaccante che era arrivato a Roma nel 2021, dopo l’affare saltato con l’Eintracht per Kostic. Da capitano ha portato stabilità e consigli. È stato in grado di unire e aiutare i nuovi giocatori a integrarsi, a comprendere le sfumature di una città e di un ambiente.

Empatia, equilibrio, mai un richiamo pubblico nei confronti di un compagno. In estate, quando ha ricevuto la fascia di Immobile e Luis Alberto, non si è fatto schiacciare dalle responsabilità. Ha scelto anche il numero dieci del Mago: una maglia indossata in passato da monumenti come Frustalupi, D’Amico e Mancini. Zaccagni ha avuto il delicato compito di guidare un ricambio generazionale: è il gancio tra passato e futuro. Toni giusti, sostanza, una normalità diventata ricchezza. Non servono fiumi di parole per motivare e coinvolgere. Repertorio completo: dribbling, finte, colpi geniali, ma anche chilometri, sacrificio e attenzione alle diagonali. Sta vivendo la migliore stagione della sua carriera: dieci gol e nove assist tra campionato e coppe. Ha riconquistato un posto in Nazionale, il ct Spalletti l’ha convocato per il doppio appuntamento con la Germania in Nations League.

Stasera raggiungerà il ritiro dell’Italia ad Appiano Gentile. Baroni gli ha consegnato un copione differente rispetto all’epoca in cui Mattia lavorava con Sarri, fedele al suo integralismo e al 4-3-3: ora si accentra, ha maggiore libertà, può seguire l’istinto, gli schemi sono più elastici. Attaccante puro, ala classica, fantasista moderno e centrocampista difensivo, quando bisogna proteggere Nuno Tavares. Con Tudor non aveva trovato una sintonia: il croato gli chiedeva di coprire tutta la fascia nel 3-4-2-1. Baroni, a livello tattico, ha cucito uno smoking su misura per Zaccagni, che oggi a Bologna deve aiutare la Lazio - quella dei 23 gol nell’ultimo quarto d’ora - a proteggere la sua candidatura nella corsa alla Champions e a confermare una particolare inclinazione per le trasferte. Otto vittorie in quattordici partite fuori casa, stesso bilancio di Inter e Napoli: venticinque punti guadagnati, uno in meno rispetto al rendimento avuto all’Olimpico. “Croyez-le toujours”, crederci sempre, è lo slogan di una Lazio che si riconosce anche nell’energia di Guendouzi, capitano senza fascia, come Pedro e Romagnoli.

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