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Romagnoli, la Lazio e un sogno interrotto

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Romagnoli, la Lazio e un sogno interrotto ANSA
Il difensore segna sotto la Nord il gol che può eliminare i giallorossi dalla corsa Champions, poi la doccia fredda. Ora il quarto posto è distante tre punti

Nel primo tempo, la porta era sbagliata. Oddio, non che segnare sotto la Sud - un tempo, per appartenenza aziendale, la sua curva di riferimento, nonostante nel cuore covasse la passione biancoceleste - gli sarebbe dispiaciuto. Ma non c'è soddisfazione più grande che realizzare un gol al derby a un passo dai propri tifosi e ritrovarsi, in un attimo, inghiottito dal loro abbraccio. Dal primo al secondo colpo di testa, Alessio Romagnoli, ha aggiustato la mira: quasi imprendibile il primo tentativo, imprendibile il secondo. Quando era passato appena un minuto dal ritorno in campo dopo l'intervallo. E via sotto la Nord a baciare lo stemma sulla maglia. 

Illusione

Per Alessio Romagnoli il derby non è mai una partita come le altre. Da sempre. Da quando vestiva la maglia della Roma e vedeva la Lazio, la "sua" Lazio, alzare al cielo (e in faccia ai giallorossi) la coppa Italia. Era il 2013. Dovevano ancora arrivare le stagioni al Milan e il ritorno nella sua città, stavolta dalla parte giusta del Tevere. Da quando ne ha indossato la maglia, Alessio Romagnoli è stato della Lazio baluardo e leader. Il gol al derby lo libera dalla prigionia del sogno e lo consegna alla gloria perpetua vestita di biancoceleste. Una rete che sarebbe potuta andare molto oltre la posta in palio di giornata, la supremazia cittadina: con una vittoria, infatti, la Lazio sarebbe volata a +5 sulla Roma, eliminandola di fatto dalla corsa Champions, mantenendo invece intatte le proprie speranze. Il pareggio finale, invece, serve poco ai biancocelesti e quasi nulla ai giallorossi. Ma, se non altro, tiene in vita entrambe.

Lo slalom di Isaksen

Nel primo tempo, ci aveva provato, e tanto, Gustav Isaksen. Quando mancava una manciata di minuti al 45', la sua corsa si era infranta letteralmente su quell'armadio a tre ante che è Svilar. E il rumore è stato così fragoroso che ha bucato pure il tifo incrociato dell'Olimpico. Non poteva fermarsi prima. Non voleva. Non lo ha fatto nemmeno quando è entrato in ritardo su Kone, meritando un'ammonizione che lo costringerà a sostare un turno ai box. Inarrestabile. Una spina continua nel fianco sinistro della Roma. Quelle maglie giallorosse aggirate come pali da slalom: hop, hop, hop... sembravava Thoeni. E spuntava dappertutto, sulla fascia, in area, al tiro. Uno, due, ma in entrambi i casi i suoi tiri hanno incontrato le mani giganti di Svilar. In un primo tempo privo di picchi emotivi, oltre al colpo di testa di Romagnoli che testava l'istinto del solito Svilar, gli unici sussulti li ha regalati proprio Gustav Isaksen. "Dobbiamo restare concentrati - raccontava a metà partita Marusic -, lottare su ogni pallone, continuare a insistere, sperare di segnare". 

Ora il Bodo

Il tempo di rientrare dalla sosta e Romagnoli regalava l'illusione di una vittoria da ricordare. Poi, mentre la Roma si riassestava e guadagnava campo, la luce di Isaksen cominciava ad affievolirsi. Probabilmente, cominciando a sentire nelle gambe le fatiche norvegesi. Peccato, il ragazzo voleva farsi un bel regalo, sabato compirà 24 anni, e voleva farle uno anche alla Lazio, un gol da tre punti. Del resto, ci era già riuscito a Bergamo, con l'Atalanta, risultando il match winner. E in precedenza, aveva sistemato il Napoli, un gol all'andata e uno al ritorno. Per non dire di quello realizzato al 98' al Viktoria Plzen, decisivo per la vittoria. Perché Isaksen segna solo gol pesantissimi, ha la capacità di farsi sempre trovare al posto giusto al momento giusto. Oggi, ha incontrato sulla sua strada le mani giganti di Svilar (e mica solo lui). Vorrà dire che si è tenuto per il Bodo. Del resto, ce n'è un gran bisogno.

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