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Lazio, quelle occasioni da non sprecare

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Lazio, quelle occasioni da non sprecare BARTOLETTI
Leggi il commento al momento della squadra biancoceleste dopo il pareggio casalingo con il Parma

Nemmeno con quella pazzesca mezz’ora finale si può assolvere la Lazio. Dalla sconfitta l’ha salvata un ragazzino nato a Santa Cruz, sull’isola di Tenerife, trentotto anni fa, uno che in carriera ha vinto tutto ma è come se fosse all’inizio. A Pedro la fame non passa mai. È un giocatore infinito, è entrato dopo un’ora di partita, ha segnato una doppietta, ma ha fatto ancora di più, ha preso la sua squadra dissennata e l’ha rimessa sulla retta via. Pedro sì, la Lazio no. Non si giocano così le partite da vincere. Non si giocano come ha fatto la Lazio. Il gol preso dopo meno di tre minuti, la maledizione dell’Olimpico, l’assenza di Lazzari e Tavares, mettiamoci tutto quello che volete, ma queste partite vanno giocate con la testa, con freddezza, ragionamento e molta attenzione mentre la Lazio ha seguito solo il suo istinto, si è fatta sopraffare dai nervi e ha agevolato il compito del Parma che non aspettava altro. Il problema è nella testa della squadra di Baroni, è nel suo carattere incompiuto, ogni volta che si trova davanti al momento della svolta si perde.

Aveva la possibilità di accorciare sull’Atalanta, agganciare la Juve al quarto posto, sorpassare in un colpo solo Bologna e Roma e staccarsi dalla Fiorentina, aveva tutto questo alla sua portata, doveva essere la sua serata e invece, se non fosse stato per Pedro, avrebbe perso anche stavolta. Certo, la rete-lampo di Ondrejka ha consegnato la partita nelle mani del Parma: difesa e contropiede, ma difesa ben fatta (per più di un’ora) e contropiede molto rapido (fino alla fine, però con gli errori nel momento decisivo, vero Man?), il calcio che piano piano sta allontanando gli emiliani dalla zona più bassa della classifica. Lo stesso discorso non si può fare sulla difesa della Lazio che ha preso il primo gol lasciando libere sia la fascia di Marusic-Isaksen, tantoché è toccato a Gila accorciare su Valeri ma ovviamente in ritardo, sia il centro dell’area dove si sono registrati i ritardi di Romagnoli, Pellegrini e Rovella, ritardi così pesanti da permettere a Ondrejka di controllare la palla prima di girarla nell’angolino.

Ecco, questa superficialità non è proprio consentita in partite di questo tipo, ma diremmo in tutte le partite. Poi vai negli spogliatoi, senti l’allenatore che tuona, che riassetta, che cerca di riequilibrare, vai in campo e in meno di un minuto prendi un altro gol. È inaccettabile soprattutto se l’obiettivo è la Champions. I cambi hanno aiutato la Lazio. Pedro, certo, ma anche Vecino ha portato qualcosa, mentre Chivu ha mandato un messaggio opposto ai suoi quando ha tolto le due punte per far entrare Djuric (un lottatore, non un bomber) ed Hernani: è stato come suonare la ritirata. Come al solito la Lazio ha provato sugli esterni ma le iniziative di Isaksen e Zaccagni non hanno prodotto pericoli seri. È mancato Dia (se la squadra avversaria ha tre centrocampisti di lotta e di inserimento, il trequartista deve aiutare la coppia che sta alle sue spalle), non è stato quasi mai preso in considerazione Castellanos, che ha segnato solo in fuorigioco. Poi è entrato Pedro, sette anni al Barcellona, cinque al Chelsea, una bacheca così piena che ormai non c’entrerebbe nemmeno una Mitropa Cup, e strappa il pareggio.

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