Se l’arbitro avesse fischiato la fine della partita dopo il lampo di Dia, il risultato sarebbe stato lo stesso e tutti noi ci saremmo risparmiati uno spettacolo deprimente. La Lazio esce da Empoli con il solo conforto dei tre punti, trovati con tanta fatica e un po’ di sorpresa, come chi per un’ora e mezza cerca una moneta per poi scoprire di averla in tasca.
L’importante era rimanere in corsa per un passaporto europeo, vincere, fare la doccia e accomodarsi a gufare per le concorrenti. Non era facile andare in campo con il peso di una vigilia tellurica. Apprendere che il tuo datore di lavoro ti considera un citrullo non contribuisce di certo ad elevare lo spirito dei giocatori. Né quello dell’allenatore, tirato in ballo con due diverse versioni circa l’acquisto di Noslin, dal presidente e dal direttore sportivo. Tensioni certificate dal dopopartita, che Baroni ha evitato lasciando a Fabiani il compito della conferenza stampa.
Il campo ha confermato che alla cinquantesima partita la Lazio ha il fiato corto, ha gettato il fioretto con il quale per quattro mesi ha collezionato punti e deliziato il campionato per imbracciare la spada. Prima giocava d’assalto, adesso accetta il corpo a corpo. Contro un Empoli sfinito dagli infortuni e dall’incubo della retrocessione, ha rischiato fino all’ultimo, ha tirato un sospiro di sollievo quando il gol di Viti è stato annullato, non ha avuto la forza di tirare l’affondo neanche nella mezz’ora abbondante col vantaggio di un uomo, badando al possesso palla con una serie prolungata di passaggi che spesso finivano sui piedi, fortunatamente bene educati, di Mandas.
Interpretando le difficoltà dei suoi e l’ardire dei giovani empolesi, insieme al pensiero dello spareggio con la Juventus di sabato prossimo, Baroni ha fatto le cose giuste: prima inserendo nuovamente Marusic esterno alto a destra per contenere le volate di Pezzella, poi impiegando Isaksen al suo posto nel tentativo di sfruttare il vantaggio numerico. Ma paradossalmente le occasioni più nitide per chiudere la partita le ha avute quando, dopo l’espulsione di Hysaj, l’equilibrio è stato ristabilito: prima con un clamoroso rigore negato a Pedro, poi con Isaksen schermato dal portiere.
Superato lo scoglio solo apparentemente fragile di un Empoli volenteroso e basta (ma Fazzini, sogno proibito di Baroni, sarà stato apprezzato anche da Spalletti, in tribuna), incollata sull’album di un campionato comunque superiore alle attese l’undicesima vittoria in trasferta (terza consecutiva), è probabile che la Lazio si giochi tutto sabato prossimo contro la Juventus. All’Olimpico, purtroppo per lei.