ROMA - Sono mostri quasi tutti gli ex della Lazio e tra i nuovi mostri c’è anche Tudor, da intralcio sulla strada Champions. Sempre incroci e destini pericolosissimi, disegnati da una strana ripetitività, per i biancocelesti. Sabato sarà la sera dei conti e dei destini sospesi. Lazio-Tudor è una partita iniziata un anno fa, troverà compimento in Lazio-Juve. Il suo arrivo era stato un big bang per mezza squadra. Giocatori delegittimati o scartati, degradati, scambiati di ruolo o snaturati, scaricati sul mercato. La ricostruzione-demolizione di Igor non è stata dimenticata da molti big. «Io mi sono adattato, ora voglio essere centrale nelle scelte», l’avvertimento del croato a fine campionato. «Ci ha chiesto di cambiarne otto, troppi per un gruppo che noi reputiamo all’altezza», la sentenza di Lotito dopo l’addio. Otto non li avrebbe mai cambiati e ha aspettato che Tudor si stancasse degli infiniti vertici del nulla per maturare la decisione delle dimissioni, presentate dopo lo striscione oltraggioso firmato dalla Curva Nord. Era il 5 giugno 2024.
Lazio, la rivincita
Settantanove giorni da allenatore della Lazio, la risalita fino alla conquista dell’Europa League, strappata con il settimo posto, acciuffato con 61 punti. Nove partite, cinque vinte, tre pareggiate, un ko, ma è quello di un derby quasi regalato con scelte azzardate (Kamada e Isaksen trequartisti nel 3-4-2-1). Tudor alla Lazio è passato sulla squadra come l’effetto di un ciclone di inconsuete proporzioni, anche con la sponda della società, già in rotta con Immobile e Luis Alberto, accompagnati alla porta. Ma ai loro addii il tecnico avrebbe aggiunto anche quelli di Guendouzi, Isaksen, Rovella, Cataldi e Lazzari. Voleva un centrale difensivo in più perché Romagnoli faticava nel suo modo di giocare. E Zaccagni era finito quarto centrocampista, lontano dalla porta, costretto a fare il terzino-bis. Guendouzi è il primo a cercare la rivincita, erano entrati in collisione a Marsiglia, si sono scontrati subito a Formello. Alla prima contro la Juve all’Olimpico, il francese si ritrovò in panchina. Fu lui poi a scodellare l’assist per il gol vittoria di Marusic, festeggiò urlando in faccia a Igor. Isaksen è andato in crisi pur avendo giocato un derby da titolare: «Mi ha detto che non ero adatto alla Lazio, voleva che andassi via», uno degli sfoghi più assordanti del danese, rinato con Baroni. Rovella, per Tudor, doveva «mettere su chili». Preferiva Vecino, un centrocampista così strutturato. E Kamada da regista. In lista di sbarco c’erano anche Cataldi (oggi alla Fiorentina) e Lazzari. Tutte mosse che avevano reso ancora più bollente lo spogliatoio. Lotito e Fabiani, spiazzati, già erano costretti a sostituire Ciro, Luis e Felipe (aveva comunicato l’addio), in più avrebbero rischiato di svendere pezzi da novanta del mercato precedente.
Lazio, l'incrocio
Guarda tu il destino, sulla strada della Lazio c’è proprio Igor, alla guida della Juve, appaiata a 63 punti con la Roma e i biancocelesti (da ordine attuale di classifica). Mai come stavolta il destino è diventato un cubo di Rubik delle possibilità incrociate. E gli incroci del destino non si limitano a Tudor, dopo la Juve la Lazio affronterà Inzaghi e l’Inter a San Siro. Cuori ingrati forse perché infranti.