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L'indefinibile Ibrahimovic

Getty Images

Tema: definizione di Ibrahimovic. Svolgimento: chiedetela a lui.

L’Università di Coverciano non c’entra, non critico nessuno se non me stesso perché non ho più voglia - consentitemelo - di avventurarmi nella terra di tutti o di nessuno visto che di Ibrahimovic (detto Ibra togliendogli la parte più significativa e forte del cognome) è stato detto di tutto e di più. La battuta felice non mi viene, sono fermo a “Ibracadabra”. Farò sul serio.

Un giorno ho incontrato un dirigente della Volvo e mi sono complimentato per il bellissimo spot che Ibrahimovic aveva girato per loro. E com’è di moda in questi tempi di care- stia economica e intellettuale m’è scappato di dire «spot difficile e costosissimo, immagino», visto che il bosgnaccosvedese è notoriamente prezioso. «Nient’affatto - mi ha risposto il compostissimo nordico interlocutore - Ibra ci ha dato una ricchezza in cambio di poco». Poi si è spiegato: «Lei ha visto trenta secondi, e grazie se le sono piaciuti davvero. Ma lui ci ha lascia- to infiniti minuti di intelligenza». Ibra ambientalista. Ibra patriota svedesissimo. Ibra poeta. Ibra ragazzo. Ibra marito di una donna adorabile e forte. Ibra padre. Vorrei farle vedere tutto e chiederle di scegliere. A un certo punto ha messo in crisi la produzione, il marketing, l’art director, il copy no, ha detto che si era divertito e aveva anche imparato. E il brand s’era arricchito. Con un budget limitato. E la chiudo qui con il Case History Ibrahimovic. Ma, siccome tocca a me - con un budget limitato - vi dico cosa ho pensato di Ibra da quando qualcuno ha pensato di attribuirlo al “mio” Bologna.

Pronto soccorso. Non tanto perché ricordandolo amico di Mihajlovic lo si volesse accanto a Sinisa in un momento tanto difficile, no: serviva un contributo di tecnica, di classe, di energia a una squadra in serie difficoltà di classifica. Rien à faire. Ibra non può rischiare la B (è già successo con la Juve...).

Qualcuno lo voleva anche al Napoli?

Al San Carlo. Sarri ha lasciato al San Paolo una teatralità d’alto livello che lo ha portato prima a Londra eppoi a Torino, dove in realtà non gli hanno chiesto spettacolo, ma concretezza. Ibra, come Diego, doveva conquistare sul campo l’accesso al più antico e prezioso teatro d’Europa. Vista la regia (Ancelotti o Gattuso, neorealismo) ha detto no.

E perché allora ha accettato il secondo viaggio nel Milan dopo aver fatto all’amore con Juventus, Inter e Barcellona, e ancora PSG e United, i suoi peggiori concorrenti? Perché è Ibrahimovic - direte - quello tuttofare dello spot Volvo. Fuochino fuochino. Perché in questo Milan fa il giocatore, il maestro e - non s’offenda Pioli - l’allenatore, dosando le sue energie con intelligenza per dominare i tre campi. Come avete visto ieri sera quando ha deciso di matare il Toro. Non s’offenda Pioli, ripeto: è una vita che raccomando ai mister anche più noti, quotati e potenti di avere un allenatore/guida in campo, un campione altamente professionale, autorevole, anche autoritario, generoso e amato dai compagni come era ad esempio Maradona che contribuiva ai successi e ai guadagni del gruppo. La Juve aveva Barzagli e ha bisogno di recuperare Chiellini, perché Ronaldo fa l’allenatore tout court. L’Inter ha Conte e non può promuovere Handanovic perché - come si è visto - ha una testa tutta sua. La Roma i virtuosi da campo li cede, il Napoli non ha più sostituito Hamsik, e gli manca. Un amico lontano mi ha detto: «Ieri sera meritava di vincere il Toro, non è giusto che il Milan abbia Ibrahimovic...». Capito?

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