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Gli italiani di Galliani

A oggi, Origi, Adli e forse De Ketelaere e Tanganga per il Milan; Bremer, Di Maria e Pogba per la Juventus; Lukaku, Mkhitaryan, Onana e Asllani per l’Inter; Dybala, Celik, Matic e Svilar per la Roma che non trascura Wijnaldum; Jovic, Dodo, Mandragora e Gollini (le eccezioni) per la Fiorentina; Kvaratskhelia, Olivera e Ostigard per il Napoli che attende Kim e Simeone; Maximiano, Marcos Antonio e Gila per la Lazio, comunque in decisa controtendenza grazie all’arrivo di Romagnoli, Casale e Cancellieri.
E poi… e poi c’è Galliani, il dirigente illuminato (non è una battuta) che costruì i trionfi del Milan anche se non soprattutto (mai dimenticare il fantastico blocco difensivo nostrano) con Gullit e Van Basten, Rijkaard e Weah, Papin e Desailly, Boban e Kakà, Ibra e Savicevic, Sheva e Thiago Silva: ritrovate casa (l’indirizzo originale) e la massima serie, dopo il purgatorio delle minori, per salvare il primo Monza in A della storia, e possibilmente arrivare decimo, lo stesso Galliani ha preso due Ranocchia con una fava, Cragno, Carboni, Sensi, Pessina, Birindelli, Sorrentino, Caprari e sta per acquistare Petagna. Naturalmente non ha ancora finito.

Il Nostro ha investito energie e ambizioni sull’italiano puro e poco importa se quasi tutti i nuovi sono assistiti da Beppe Riso, l’agente che egli stesso ha creato e che ha imparato in fretta e bene il mestiere. Galliani si è inoltre inventato l’obbligo (diffuso) di riscatto solo in caso di salvezza (con gli stranieri sarebbe stato complicato) perché non ha intenzione di affrontare l’eventuale B (toccatina) con un insostenibile carico di giocatori e stipendi.
Sembra di tornare ai tempi del primo Berlusconi quando il Cavaliere - prima di essere invaso dagli olandesi - sentenziò che avrebbe costruito un Milan italiano per avere una Nazionale rossonera. Troppi e troppo alti economicamente erano gli interessi del club perché potesse essere italianizzato. Importanti ma diversi, più sentimentali e patriottici (in senso strettamente brianzolo) quelli del Monza.
Come sempre, Galliani potrebbe indicare con i fatti - e non solo a parole - al calcio italiano la via giusta per riprendersi dal collasso qatariota. In fondo nulla è più universale di ciò che sembra locale.

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