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Napoli, Higuain ti ricordi come si fa?

Mosca
L'attaccante argentino non va a segno da 486 minuti. I tifosi si aspettano il riscatto. Gli ultimi gol del Pipita contro la Dinamo Mosca. Partita speciale anche per Insigne
NAPOLI - E dov’erano rimasti? Settantaquattro reti, ma «appena» tre nelle ultime sei partite: i numeri, aridamente, sanno raccontare il vissuto e questa crisi d’identità ch’è nei fatti. Dov’erano rimasti, se non a Firenze, «altro» Napoli e una felicità interiore che implode, esplode, poi s’inabissa al minuto ventitrè, quando Lorenzino Insigne deve arrendersi al destino? E’ un momento, un frammento, però non è un dettaglio, anche se poi ci pensa «el Pipita» a sistemare «quella» pratica, a diventare l’ossessione del «Franchi» e di Montella, per la seconda volta consecutiva battuto in casa da una squadra che diviene (quasi) un tabù.

RIECCOLO - Higuain, già: venticinque gol l’anno scorso, ventitré quest’anno e quando sembrava che stesse per battere anche se stesso, per lanciarsi verso traguardi che l’entusiasmano, s’è bloccato. Ultimo squillo (ma triplo) con la Dinamo Mosca, il 12 marzo, e però sembra trascorsa una vita, perché intanto se ne sono andate un bel po’ di gare (una di Europa League, una di coppa Italia e altre tre di campionato, per un totale di cinque) e il digiuno diviene pesante: per la cronaca, e gli amanti delle statistiche, 486 minuti. Sono note che stonano per un attaccante che segna tanto, che segna ovunque, che invece s’è eclissato; ma la cartina di tornasole d’una situazione è espressa nitidamente dall’involuzione, l’appannamento, di Higuain, dal suo incedere. Ventitré volte el Pipita, sembrano tanti - lo sono - eppure è diventato, nel suo piccolo, un «caso», perché su un attaccante (un fuoriclasse) del genere, si poggiano sempre aspettative enormi da parte di chiunque: del tecnico, della società, dei compagni di squadra e poi dalla gente, incredula.

GUAGLIO’ - Ma questa è (innanzitutto) la partita di Lorenzo Insigne, che probabilmente la comincia dalla panchina, perché l’infortunio di quel nove novembre sembra ancora troppo vicino: eppure lui dopo ventiquattro giorni è tornato in gruppo (a Verona), e poi è rientrato all’Olimpico di Roma e nei sei minuti (più recupero) con la Lazio, per poco non segna un gol che avrebbe fatto barcollare il san Paolo. 

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