Ovviamente, non scendo in campo in veste di difensore di Benitez, il ruolo semmai spetta a lui e, conoscendolo un po’, penso non si sottrarebbe al confronto, se non fosse costretto a tacere dal silenzio stampa; ma, avendo avuto modo di chiacchierare spesso (in circa due anni) con un uomo che ha un suo profilo - alto - mi permetto di condividerne il pensiero, magari non l’espressione che in una frazione d’ira l’ha accompagnato. E’ stata, quell’esplosione, la rappresentazione di un istante ma anche la fotografia di una realtà che non può sfuggirci: sarebbe lunghissimo l’elenco delle anomalie del calcio che noi raccontiamo e che pure tu citi, ci vorrebbero pagine di web (e di cartaceo), ma in quello slancio «caliente» - dài, ognuno di noi ogni tanto ha citato Cambronne - c’è semplicemente il senso d’appartenenza verso il Napoli, Napoli e verso se stesso, c’è una forma di autodifesa (magari attraverso un linguaggio stavolta non in linea con le abitudini del personaggio) verso atteggiamenti che sfuggono alla sua cultura. Il calcio italiano ha proprio bisogno di uomini come Benitez per provare ad emergere dal caos (lo chiamo così...) in cui è piombato, ma anche degli Allegri che resistono ai pregiudizi popolari con la propria serenità, dei Pioli che procedono nel lavoro incuranti della diffidenza e scivolando laterali a qualche errore arbitrale.
Benitez ha detto ad alta voce ciò che ognuno di noi pensa se si mette a riflettere su tutto ciò che sta succedendo (non pungolarmi, sennò faccio l’elenco) ed è stato il senso della solitudine che l'ha spinto a ribellarsi (pure platealmente, come ha fatto, e secondo me sbagliando, quando contava a dita visibili i secondi persi dal Parma ad ogni rimessa dal fondo). Poi, Xavier, lo sai, nessuno è perfetto: ma ritenerlo immeritevole di noi, di quelli che sostanzialmente la pensano come lui, mi sa d’eccesso. Con il piacere di contrapporrmi ancora a te, t’abbraccio.