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Napoli, riscoprire Hamsik: il principe azzurro

Domani contro i granata a Torino torna dal primo minuto e con la fascia di capitano

CASTEL VOLTURNO - Oh, capitano... E mentre la Storia gli sfila al fianco, gli entra dentro, e quel venticello tiepido sa di carezza, il brivido che percorre la cresta induce a starsene vagamente distratto, avvolto in quel ciuffo di pensieri che s’aggroviglia. Oh, capitano, se ne andrà un anno ancora, e sarà il dodicesimo, più d’un terzo d’una vita normale che diviene eccezionale con primati che si sommano, leggende che (statisticamente) s’annebbiano, miti che restano nella penombra di numeri da emozioni: però qualcosa è cambiato, forse inevitabilmente, e in questo 2018 che va sgusciando via, l’estasi e il tormento confliggono, s’intrecciano.

IL TOTEM - Oh, Hamsik: che sta per bandiera, per il simbolo d’una fedeltà trasparente e insindacabile, la rappresentazione autentica di cosa significhi scelta di vita («io e la mia famiglia qui siamo felici») capace di resistere alle intemperie (ricordate quando rapinarono lui d’un orologio e poi la moglie dell’auto?) e alle tentazioni milionarie (il Milan, la Juventus e i messaggi subliminali o trasversali dall’Inghilterra). Hamsik è il Napoli del Terzo Millennio che si proietta in una dimensione favolistica difficilmente eguagliabile, perché dentro questo decennio e passa ci sono 505 presenze, 120 gol, tutti i record che si possano immaginare d’un uomo destinato a diventare - e seriamente - un principe azzurro, meglio ancora il Re.

RIECCOLO - Ma è stato pure un anno in chiaroscuro, avvolto in quella nube che s’è allungata sull’intero 2018, attraversato con la spada di Damocle d’un «cambio» puntuale quanto un cronografo svizzero e divenuta poi un’ossessione. Ma ne sono successe di cose, in questi mesi in cui Hamsik s’è portato appresso il senso d’una precarietà per lui insolito e certificato da undici sostituzioni, sei panchine e appena due partite intere nell’epoca Sarri e poi riproposto da Ancelotti che allo scadere dell’ora l’ha richiamato a sé in due circostanze, lasciandolo a guardare a Marassi e però rilanciandolo con la Fiorentina. Capiterà di nuovo a Torino, dopo i primi settanta minuti da spettatore al Marakana: la fascia sarà sua, la maglia da titolare anche, poi si vedrà chi ci sarà intorno, a fungere da partner, e si proverà a capire pure cosa possa nascondersi in quest’orizzonte ancora fosco, perché prima di diventar regista serve un praticantato da assolvere.

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