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Zeman esclusivo: "Napoli, Insigne è l'ultima bandiera"

"Lorenzo è il più forte calciatore italiano di oggi Spero che resti a Napoli, come Totti con la Roma"

L’unico rifugio, ora, è la memoria: e starsene lì adagiato tra i resti d’una gioventù perduta. Quando Zdenek Zeman si lascia Praga alle spalle ha ventuno anni: è un’età in cui si sogna e a nessuno andrebbe vietato di farlo; mentre invece, sta cominciando una nuova vita, è insolita e diversa, e porterà in sé il rimpianto di aver visto s? lare via i giorni più belli, divenuti improvvisamente terribili, per non sentire il rumore assordante dei carrarmati, per non bruciare la spensieratezza, per non precipitare in un dolore sordo e devastante. Per farsi ascoltare non è mai stato necessario urlare e mentre Zdenek Zeman parla, come un dolcissimo cantastorie, si scivola malinconicamente tra le pagine di un racconto che sa di testamento personale, la sintesi di un’autobiogra? a autentica, sincera e priva di luoghi comuni, di banalizzazioni che non gli sono mai appartenute ma densa di sé, d’un vocabolario romantico e persino struggente ch’emerge dalle cicatrici dell’anima e si scorge in quello specchio che ora ri? ette immagini vive della sua Roma senza ancora un orizzonte. «Mi manca la gente».

La quarantena di Zeman, quella di oggi, è un frammento rispetto quell’isolamento scelto nel ‘68, a ventun anni, quando lasciò la sua Cecoslovacchia...

«Ero in vacanza in Sicilia da mio zio Cestmir Vycpalek, dovevo rientrare il 22 agosto e nella notte tra il 20 e il 21 ci fu l’irruzione dei paesi sovietici con i carrarmati. Restai ancora un po’ qui, poi tornai perché a casa mi reclamavano, finii la scuola e a novembre ero di nuovo in Italia. Definitivamente». [...]

Il calcio si interroga.

«Azzererei la stagione: si chiude e si riparte poi quando sarà possibile, magari a settembre. Ma i campionati sono falsati, fermi come sono da due mesi. Poi so bene che esistono interessi economici e che dunque se si riprenderà sarà esclusivamente per ragioni ? nanziare e per tentare di frenare quella montagna di debiti che il movimento stesso ha prodotto».

Nell’ultima Nazionale di Mancini, c’erano ancora cinque “suoi” ragazzi: Florenzi, Immobile, Insigne, Romagnoli e Verratti.

«Appartengono a cicli e a momenti diversi. E ci sono stati anche periodi in cui in giro per il mondo ce n’erano una decina, forse anche di più: penso a quando ero alla Lazio e alla Roma. Ma anche nelle mie stagioni con il Foggia e con il Lecce c’è stato chi è riuscito a raggiungere la maglia azzurra. E poi gli stranieri».

Anche Zeman ha avuto un idolo...

«Ed è stato Kovacs. Poi sono cresciuto e con l’età si smette di averne. Semmai si apprezzano, diversamente, nuove figure. I miti appartengono alla gioventù».

In tv, che ripropongono il calcio con i protagonisti del passato, Zeman ricorre spesso.

«Forse perché mi vogliono bene».

Lei ne vuole tanto a Insigne, a Totti (e non solo a loro due).

«E Lorenzo per me è l’ultima bandiera. Il più forte calciatore italiano, uno dei pochi in grado di fare la differenza. Un napoletano che si sente tale e che spero resti nella sua città, come ha fatto Francesco. Solo che Totti, a Roma, non è mai stato contestato». [...]

Leggi l'intervista completa nell'edizione odierna del Corriere dello Sport - Stadio

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