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Napoli, Gattuso rilancia lo stile Sarri

FOTO MOSCA

Il 4-3-3 utilizzato contro la Roma ha dato i frutti sperati dando più equilibrio e forza al centrocampo

In questo viaggio alla ricerca di se stesso, attraverso riflessioni e adeguamenti, Gattuso ha scelto di fermarsi e di tornare indietro, riprendendosi il calcio che più gli piace, quello del «copia e incolla», che trascina ben dentro al 4-3-3 e appartiene ad un’epoca gioiosa, densa di tagli, sovrapposizioni e sventagliate per cambiar gioco, campo e persino l’umore. C'è del «sarrismo» che avanza, è un vorticoso inseguimento non del passato ma della natura stessa di una squadra che sa starci benissimo sotto la propria «coperta di Linus»: è una risorsa naturale di un’identità prepotente, un senso di leggerezza che sostiene le due fasi, una vocazione esplicita di caratteristiche che riemergono e che con la Roma hanno trascinato di nuovo in quel sogno già vissuto, lasciato ai margini dei pensieri di Gattuso, perché gli allenatori sono fatti così. «La squadra da battere per me è l’Inter, però la Juventus è abituata a vincere». Nella penombra, si sta meglio.

Io sono questo

C’è un Napoli ch’è nato, nel dicembre scorso, proprio per esibire quell’indole un po’ «scugnizza» che si porta appresso dal 2015 e Gattuso, nell’impatto bruciante con il Parma, scelse di recuperare dal vocabolario un lessico storicamente famigliare: 4-3-3 e avanti tutti, possibilmente con un giudizio acquisito poi successivamente, con l’arrivo di Demme e la prima, autentica conversione. Lo specchio deformante di quell’inverno gelido suggerisce a Gattuso la sua prima conversione e, dopo la sconfitta con il Lecce, tra il blitz in Coppa Italia a San Siro con l’Inter e lo «strappo» di Cagliari, c’è un plastico ritocchino, si chiama 4-1-4-1, che in realtà sa di compromesso, perché gli esterni restano pur sempre quelli e pure gli interni di centrocampo: è la fusione tra i due momenti di gioco che serve per applicare correzioni (im)palpabili.

Richiamo

Il Napoli che è uscito dal lockdown ci ha provato ancora, è tornato sui propri passi, ha voluto battere quei sentieri, avendo a gennaio investito - e tanto: un centinaio di milioni di euro - e rifugiandosi nella consapevolezza del recente vissuto. Ma a Parma, alla fine di un’ora faticosa, avendo in panchina un uomo da settanta milioni di valutazione, potendoselo permettere, si è (quasi) trovato costretto a dover esagerare, stavolta incidendo più seriamente e anche più pesante mente sui propri equilibri: 4-2-3- 1, poi divenuto un invitante rifugio con l’arrivo di Bakayoko.

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