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Nel deserto una voce che grida Napoli

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Si fa in fretta a dire che il Napoli ha un futuro e però, a pensarci bene, ha anche un passato: Piotr Zielinski è alla sua settima stagione, arrivò ch’era un giovanotto (22 anni), ha un contratto che scadrà nel 2024 e per il momento nessuna volontà d’andarsene. Poteva arricchirsi ulteriormente, qualche mese fa, ma le sterline del West Ham non sono state sufficienti per ingolosirlo. Hirving Lozano è atterrato a Castel Volturno nel 2019, ha messo assieme più infortuni che partite, e certo non può essere una colpa sua, ma quei quaranta milioni girati al PSV sono stati un investimento che non andrà perduto. Frank Anguissa è un colpo recentissimo, ha appena rinnovato - fino al 2025 però con opzione concessa al club per prolungare ancora e a oltranza fino al 2027 - e non certo solo perché gli sono entrati nell’anima il sole, la pizza e i mandolini. Kim e Olivera rappresentano le ultime invenzioni ma a pensarci bene Mertens e Milik costituiscono l’origine di quell’onda lunga d’un Progetto che, evidentemente, non poggia sulla battigia.

Piotr Zielinski - chi se non lui? - ha posato la prima pietra nelle statistiche di Qatar 2022 e il fiocco azzurro adagiato sull’uscio degli ottavi, che la Polonia intravede, certifica la consistenza di quell’Idea rivoluzionaria che Adl ha avviato in epoca non sospetta, nel 2004, che ha resistito all’usura e alle tentazioni, che sugge all’omologazione, che s’abbevera alle competenze del proprio management e alla capacità di un allenatore di far evolvere il materiale umano a disposizione. Il Napoli non smette di accomodarsi in Champions o in Europa League dal 2010, ha sfiorato lo scudetto in varie circostanze, qualcosina ha pure vinto, e non sono trofei figlio di un Dio minore, ha saputo ergersi a modello economico-finanziario attraverso la saggezza d’una filosofia che sta lì, ha vacillato come chiunque durante il Covid ma poi è stato ritrascinato nella sua “normalità” (ma si dovrebbe dire eccezionalità, visti i contenuti) con scelte coraggiose, più uniche che rare in un universo inchiodato ad antichissimi schemi. Zielinski, molto più d’un goleador neanche tanto occasionale come racconta la sua stessa storia, è l’eco d’una voce che rappresenta il cambiamento: e c’è un Mondiale che guarda.

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